Rappresento ciò che gli inglesi chiamerebbero l’underdog. Lo sfavorito, che per affermarsi deve stravolgere tutti i pronostici. Intendo farlo ancora, stravolgere i pronostici”. Così si era autodefinita Giorgia Meloni davanti al Parlamento delineando il suo discorso programmatico. Era il 25 ottobre 2022, Meloni aveva da poco ricevuto dalle mani di Mario Draghi la campanella che suggellava l’insediamento a Palazzo Chigi della prima donna Presidente del Consiglio, dopo che un mese prima, il 25 settembre, la coalizione di centrodestra si era affermata con il 44% delle preferenze
Le gonne a pieghe e t-shirt, abbigliamento casual e i toni urlanti infuocati della campagna elettorale, hanno poi lasciato il posto a tailleur austeri e stivali stile anfibio. Non un semplice cambio look, bensì un preciso messaggio politico: Giorgia Meloni presidente del consiglio “Boots on the ground”, alla guida del Governo del fare, pronta a fare tanta strada. E di scarpe comode e resistenti Giorgia Meloni pare avere bisogno oggi più che mai . L’anniversario del primo anno dalla vittoria elettorale che le ha spalancato le porte di Palazzo Chigi – ironia della sorte- cade nel periodo forse più difficile e delicato per lei e il suo esecutivo. La strada si fa più impervia
Un anno di promesse disattese
Un anno di risultati. Come Il Governo Meloni sta facendo ripartire la Nazione. È il titolo dell’opuscolo con cui Fratelli d’Italia elenca i successi dell’esecutivo in questi 12 mesi. Dal decreto anti-rave party a quello contro il degrado delle periferie di Caivano, alla maternità surrogata reato universale. Misure cavallo di battaglia della destra, celebrati tra i molti risultati. Così come quelli in politica estera.
Di sicuro va dato atto al Governo Meloni di aver saputo muoversi con abilità a livello internazionale, superando pregiudizi e scetticismo che regnava in molte cancellerie nei confronti della leader di un partito post-fascista. Meloni ha ancorato saldamente l’Italia all’alleanza Atlantica, schierandosi convintamente al fianco dell’Ucraina e al suo diritto di difendersi. In nome del pragmatismo, ha accantonato i toni belligeranti nei confronti dell’Unione europea, preferendo il terreno della collaborazione.
Ha ottenuto la sponda di Ursula Von der Leyen, tanto da siglare con la sua benedizione e presenza il Memorandum di intesa con la Tunisia per limitare l’immigrazione illegale. Ma è proprio da qui che iniziano i punti dolenti dell’azione del Governo Meloni in questi 12 mesi.
In campagna elettorale aveva promesso lo stop degli arrivi, addirittura con il blocco navale. Oggi l’Italia fa i conti con 130mila arrivi da gennaio, il doppio rispetto allo scorso anno. Ironia della sorte, la maggior parte dei quali partiti proprio dalla Tunisia, segno dell’accordo flop siglato con il presidente Saied, mai criticato per la deriva autoritaria imboccata. “Qualcosa non ha funzionato, speravo di fare meglio”, ha ammesso la stessa Giorgia Meloni, facendo autocritica sulla gestione della politica dei flussi migratori. E non solo. “Faremo correre di nuovo l’Italia”, ma il Paese – pardon la Nazione- sembra per ora solo camminare. I dati del Pil segnano un rallentamento, le stime di crescita sono dello zero virgola, l’aumento dei prezzi di benzina e prezzi di beni di consumo hanno eroso il potere di acquisto degli italiani.
Alla vigilia della prima vera Legge di Bilancio dell’era Meloni (la scorsa era stata preimpostata da Mario Draghi) la situazione descrive tutt’altro che il Bengodi. Soldi in cassa pochi, margini di manovra stretti, possibilità di realizzare le grandi promesse elettorali – innalzamento dei salari, tassa piatta, aumento delle pensioni – per stessa ammissione della premier praticamente zero.



