E adesso come ne esco (come ne usciamo) ora che il clown, il pagliaccio, il cialtrone dal ciuffo arancione è riuscito a ottenere la tregua a Gaza? Lo festeggiano palestinesi e israeliani, tutto il mondo si congratula con lui, e anche se non hanno fatto in tempo a dargli questo Nobel per la Pace, per il prossimo (incredibile!) è in pole position.
Nell’insultare Donald, nel ridicolizzarlo, nel descriverlo come il dittatore folle a capo di un’America suprematista, razzista e abbastanza fascista, mi sentivo in buona compagnia, nella comfort zone delle forze del bene. Convintamente convinto che la destra peggiore non avrebbe potuto scegliersi un leader migliore (e dunque peggiore). E, adesso, a quale spiegazione mi aggrappo (ci aggrappiamo) sul conto di Hamas? Sì, a proposito di quel concentrato di terrorismo, stragismo, orrore e violenza, sui macellai del 7 ottobre, la feccia dell’umanità più disumana, gli aguzzini del popolo palestinese, le forze del male che tengono in ostaggio Gaza e i derelitti gazawi, adesso cosa potrò (potremo) mai aggiungere? Ciò che ai miei e ai nostri occhi (non tutti però) rappresentano il peggio del peggio adesso ce li ritroviamo ricevuti con tutti gli onori nelle sale del negoziato di Sharm el-Sheikh mentre autorevolmente negoziano, accanto ai loro sfarzosi “fratelli” del Golfo, interloquendo con i mediatori inviati da Trump.
Potrò (potremo) mai cavarmela adoperando il furbo schema collaudato a proposito di Mussolini che avrebbe fatto anche cose buone? E che, dunque, dal pozzo nero di nefandezze che li accomuna, per ragioni diverse, nel giudizio collettivo dei buoni anche Trump e Hamas, perfino essi, avrebbero tirato su qualcosa di umanamente accettabile? Ma non è forse troppo semplice capovolgere o meglio correggere un giudizio morale intransigente sulla base delle convenienze morali del momento? È sufficiente per il mio (per il nostro) criterio di selezione, di valutazione, tra il bene e il male, adottare come misura del tutto se non la fine almeno la sospensione del genocidio, della pulizia etnica, del massacro? Sempre che la pace si faccia sul serio. Oppure, al contrario, qualcosa nell’intopparsi stappi il nostro (il mio) bisogno di restituire i puzzoni al loro miserando destino. Oppure nasce dal mio (dal nostro) bisogno ideale, idealista, ideologico, o come preferite, lo sforzo di stabilire sempre e comunque delle categorie pregiudiziali a cui uniformarci onde nutrire la nostra buona (e cattiva) coscienza? Ma, allora, che senso ha dividerci e furiosamente scontrarci sentendoci migliori (viva la causa palestinese) contro i peggiori (abbasso Netanyahu, Hamas, Trump) quando la realtà ci dice che a decidere tutto, nel male e nel bene, sono quasi sempre loro, i cattivi della storia (con i presunti buoni che stanno a guardare e a rosicare). Mentre a me (a noi?) non resterebbe che affidarci al grande filosofo dello smarrimento contemporaneo , Woody Allen, e al suo principio immutabile: basta che funzioni? O, invece, è tutta una finzione che per essere credibile ha bisogno di una certa dose di realtà?



