Il nero è il colore della propaganda, la tinta cromatica dell’architrave ideologico, ma l’anima è berlusconiana: allergica alla libera stampa, insofferente a lacci e lacciuoli, intesi come controlli e verifiche, nemica giurata delle toghe politicizzate
L’ultima bufera che l’ha travolta viene cavalcata dalle opposizioni per chiederne le dimissioni, ma lei non si scalfisce perché Daniela Garnero Santanchè, cognome eredità del primo marito, chirurgo plastico, incarna pienamente l’Italia meloniana. «In questo momento è impegnata in una riunione, non può parlarle», dice il suo assistente assicurandoci di avvisarla della nostra richiesta, la ministra non ha mai richiamato.
Al governo sta diventando sempre più una presenza ingombrante, ma Santanché rappresenta l’essenza della destra sovranista, mette insieme i feticci ideologici come patria, made in Italy, tolleranza zero e, insieme, la devozione al profitto e al turboliberismo, lontana anni luce da statalismo e controllo centrale, cari al duce e ai suoi epigoni.
L’ultima inchiesta, firmata da Report, sulla sua galassia di imprese racconta il solito modello: alti guadagni per i manager, lei ed ex consorte, e dipendenti licenziati; cene regali per chi comanda e fornitori finiti sul lastrico con buona pace del made in Italy, un tassello dell’ideologia sovranista sacrificato sull’altare della bella vita dei padroni del vapore.
Nella sequela di testimonianze raccolte, ne spunta una che racconta l’utilità della parabola politica: «Quando è subentrata la Santanchè, noi pensavamo che bello, un senatore della Repubblica. E invece è iniziato proprio il declino», dice un’ex dipendente licenziata che attende il pagamento del trattamento del fine rapporto, 40 mila euro tondi tondi. La politica offre visibilità e potere in cambio di slogan e battaglie campali nel piccolo schermo, con zero domande e buoni rapporti. In fondo l’attuale ministra voleva fondare un partito con Antonio Di Pietro, lo ha raccontato l’ex pm in tv, prima di sposare il berlusconismo. Le idee chiare, insomma.
«Stiamo parlando di politica, se vuoi partecipare non c’è problema, ma non puoi dire ogni trenta secondi “Boni, state boni”… urge un concetto, ce l’hai?», diceva Carlo Buccirosso che, nel Divo di Paolo Sorrentino, interpretava Paolo Cirino Pomicino.
Per esprimere un concetto c’è bisogno di studio e l’allieva non si applica. A dirlo stavolta è il Pomicino reale, quello in carne e ossa, nella prima repubblica potente ministro Dc, che di Santanchè è stato mentore e guida politica. «Lei non è una donna appassionata di politica, lei è una donna appassionata di potere», ha sentenziato ‘o ministro a Report. Eppure di strada ne ha fatta, prima deputata in Alleanza Nazionale, poi protagonista della stagione del berlusconismo rampante con fugaci esperienze in altre formazioni politiche.
NELLO TROCCHIA



