I guai del Governo dei Migliori: la povertà aumenta più del PIL

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Il documento, a detta dell’Istat che lo ha redatto, “è un ritratto in profondità dello stato del Paese, disegnato dalla statistica ufficiale attraverso la lente del benessere dei cittadini.

Il benessere è, o dovrebbe essere, l’obiettivo finale delle politiche. Un traguardo impegnativo, a volte arduo, soprattutto quando le circostanze sono avverse: per una pandemia devastante, per la crisi ambientale, per le minacce alla pace in Europa”.

“Il quadro è ancora adombrato dalla pandemia. Molti divari si sono mantenuti o addirittura allargati” ha commentato Gian Carlo Blangiardo, il presidente dell’Istat. “La pandemia ha comportato arretramenti nel benessere della popolazione femminile: ad esempio, nei livelli di benessere mentale e di occupazione, soprattutto per le madri con figli piccoli.

Ma sono stati anche i bambini, gli adolescenti e i giovanissimi a pagare un altissimo tributo alla pandemia e alle restrizioni imposte dalle misure di contrasto ai contagi”.

I giovani hanno pagato un tributo altissimo in questi due anni. Il Bes denuncia un peggioramento delle condizioni psicologiche degli adolescenti: 220 mila ragazzi tra i 14 e i 19 anni si dichiarano insoddisfatti della propria vita e hanno basso benessere psicologico.

In due anni sono raddoppiati, arrivando ad essere più del 6% degli adolescenti italiani.

Povertà assoluta, tra i giovani e al Sud

La crescita economica del 6,6% del Pil sull’anno precedente non basterà a ridurre la povertà assoluta, che in Italia colpisce oltre 5 milioni e mezzo di persone. Il dato sul Prodotto interno lordo – per quanto sbandierato da politici e media – non dovrebbe stupire: altro non è che un rimbalzo tecnico dopo il crollo a meno 8,9% del 2020.

La bilancia segna -2,3% rispetto all’indicatore pre-pandemico, un dato che ha notevolmente aumentato le disuguaglianze.

In situazione di indigenza vivono il 7,5% dei nuclei familiari. E’ un lieve calo rispetto al 2019-20, quando si era registrata la peggior crescita dal 2005, con oltre 1 milione di persone cadute in povertà assoluta a causa della pandemia. Ma anche quest’anno aumenta la povertà al Sud. Il Bes registra come “nel Mezzogiorno le persone povere sono in crescita di quasi 196mila unità e si confermano incidenze di povertà più elevate e in aumento, arrivando al 12,1% per gli individui”.

Lavoro povero e senza cultura

Il lavoro, rispetto al crollo del biennio pandemico, nel complesso aumenta, ma il merito è solo di quello precario. Nel 2021 sono stati creati 980 mila nuovi posti di lavoro, ma di questi solo 164mila sono a tempo indeterminato. Ultimi tra gli ultimi nel mondo dei lavoratori precari continuano a essere il 50% delle donne con figli piccoli e i Neet: lo scorso anno i giovani che non studiano e non lavorano nel nostro paese hanno raggiunto la quota record del 23,3%, due punti percentuali in più rispetto al 2020.

Chi è in fondo rimane impantanato, e rischia di venir raggiunto da chi teoricamente dovrebbe rappresentare un’eccellenza del nostro paese. I lavori culturali e creativi hanno perduto 55 mila occupati in due anni di pandemia. Un dato su cui incide come un macigno la migrazione dei giovani tra i 25 e i 39 anni con un titolo di studio: l’anno appena concluso il Mezzogiorno ha perso 21.782 giovani laureati. 

Stefano Marrone