A volte è tutto così chiaro, basta solo unire qualche punto. «È vero, i Paesi della Nato e dell’Ue hanno esaurito le loro scorte per fornire aiuti all’Ucraina ed è stata la cosa giusta da fare, perché si tratta della nostra sicurezza. Ho sempre detto che tra rispettare le linee guida della Nato sulle scorte di armi o sostenere l’Ucraina è più importante scegliere l’Ucraina.
Ora la soluzione è aumentare la produzione di armamenti e i ministri della Difesa della Nato hanno preso la decisione di aumentare lo stock». Distratti dall’effimero spesso si dimentica l’essenziale. Queste parole le ha pronunciate il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg lo scorso 10 gennaio. Mentre di recente il Sipri (l’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma) ha pubblicato i dati relativi alle spese militari del 2022.
È stato un anno record! In tutto il mondo sono stati spesi 2240 miliardi di dollari – più o meno il PIL dell’Italia, ottava economia mondiale – nel settore difesa. Si tratta di una cifra mostruosa. Gli Stati Uniti guidano la classifica globale con 877 miliardi di dollari spesi. Molto più dell’intero prodotto interno lordo della Svizzera. Il dramma è che tale cifra è stata spesa dopo la tragedia del Covid, quella pandemia che appare così lontana nel tempo, che avrebbe dovuto spingere gli stati ad investire nel sistema sanitario nazionale, in ricerca, nelle infrastrutture e nelle tecnologie necessarie per favorire il decentramento urbano. Al contrario siamo ripiombati così velocemente in una guerra fredda sempre più calda e potenzialmente catastrofica.
Difficile credere che si sia trattato di un caso. Julian Assange, uno dei migliori giornalisti del secolo, un uomo che sta marcendo in carcere per aver svelato i crimini dei potenti, mentre quei potenti che li hanno commessi si godono maxi-pensioni, consulenze e nipoti in ville, ranch e panfili disseminati in mezzo mondo, nel 2011, poche settimane prima dell’inizio del suo calvario, a proposito della guerra in Afghanistan disse: «L’obiettivo è una guerra eterna, non una guerra di successo.
L’obiettivo è utilizzare l’Afghanistan per riciclare denaro delle basi fiscali degli Stati Uniti e dei paesi europei attraverso l’Afghanistan e riportarlo nelle mani delle élite della sicurezza transnazionale». Traduzione? Trasferire le tasse dei cittadini europei e nordamericani dai bilanci degli stati direttamente all’industria bellica, o meglio al complesso militare-industriale, in particolare quello nordamericano. Bene, adesso sostituiamo la parola Afghanistan con Ucraina. A questo punto andrebbero rilette le parole di Stoltenberg.
ALESSANDRO DI BATTISTA



