Se ci pensate, basterebbe davvero pochissimo a risolvere tutto: far cadere questo Governo e sostituirlo con uno di grande coalizione, con dentro ovviamente il Partito Democratico. Tutto tornerebbe a posto: quantomeno curioso.
Negli ultimi giorni, il dibattito politico italiano si è infiammato attorno a un nodo cruciale: la continua interferenza della magistratura nei momenti più delicati dell’azione di governo. Episodi recenti, dalle indagini su Giorgia Meloni e i suoi ministri fino alla gestione del caso Open Arms, hanno riportato al centro della discussione il tema della separazione dei poteri e del rapporto tra politica e giustizia.
Il processo contro Matteo Salvini per la vicenda Open Arms si è concluso con un’assoluzione piena: “il fatto non sussiste”. Non un vizio di forma, non insufficienza di prove, non perché il fatto non costituisce reato, non una questione di interpretazione, ma una sentenza che sancisce come l’impianto accusatorio fosse del tutto infondato. Eppure, nonostante ciò, il leader della Lega ha dovuto affrontare anni di battaglia legale, con tutte le implicazioni politiche che ne derivano e col rischio di essere condannato a 6 anni di reclusione.
Oggi ci troviamo davanti a un nuovo scenario: il Presidente del Consiglio, il Ministro dell’Interno, il Ministro della Giustizia e un sottosegretario sono finiti sotto indagine per favoreggiamento e peculato. Accuse che lasciano più di un dubbio: se davvero ci fosse stato un favoreggiamento, perché non coinvolgere anche i giudici che hanno disposto la scarcerazione di Al-Masri? E in merito al peculato, si dovrebbe credere che gli indagati si siano addirittura “intascati” un aereo di Stato? Anche tra gli osservatori più distaccati c’è chi fatica a trovare una logica dietro queste ipotesi di reato: eppure si insiste nel definirlo un atto dovuto.
Savino Balzano


