FRANCO CORTESE, Il collezionismo: Tra storia e memoria, cultura e moda, ricerca e piacere

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TORINO – Qualcuno dice che sono dei maniaci, perditempo e perdi denaro capaci solo di accumulare un sempre maggior numero di oggetti; qualcun altro afferma che è solo un’altra forma espressiva dell’animo umano, innocua, che dà piacere a chi la pratica ma anche – in misura minore – a chi la osserva; altri ancora tollerano con sufficienza i collezionisti ed il collezionismo che, a loro parere, sciocchi e inutili.

Noi siamo di tutt’altro parere, più ricco di positività, e cercheremo qui di dimostrarlo. Che si collezionino francobolli o monete piuttosto che mobili antichi o porcellane od anche bustine da tè, portachiavi o cavatappi, questa azione del raccogliere, in primis, e poi dell’ordinare, classificare e custodire, da una parte eleva culturalmente il singolo nella conoscenza, dall’altra concorre a conservare memoria degli oggetti, del tempo e degli individui. Inoltre, può contribuire alla crescita delle arti applicate, allo sviluppo scientifico ed alla comprensione del passato per migliorare il presente ed il futuro.

Dicevamo che mettere insieme pochi o tanti pezzi è solo raccogliere, non collezionare: dal raccogliere si parte per studiare, catalogare, approfondire ed inquadrare l’oggetto nel suo contesto storico-culturale, sociale e artistico; il vero collezionista ha anche molti libri accanto a sé sui quali studia e cerca spiegazioni e chiarimenti sul perché e sul percome, sul quando e sul dove, in quale contesto quel prodotto è nato e si è evoluto. E questa è storia, forse “piccola storia”, comunque  un momento che è utile preservare e custodire.

Ed è per questo che scienza e conoscenza devono essere grate ai collezionisti, in quanto in molti casi questi hanno accumulato una serie di tasselli, una base di prodotti e di notizie sicuramente importanti per le loro ricerche e per i successivi passi di crescita sociale (e  non solo con rettili, conchiglie, insetti, semi e fiori…).

Pensiamo alle arti applicate ed alle collezioni di armi, quadri, argenti, porcellane, orologi, bigiotteria…: in questi casi il lavoro del collezionista è fondamentale per preservare, custodire, curare ed approfondire, tanto è vero che molti privati poi hanno donato, e donano, ai pubblici musei il loro patrimonio collezionistico che è diventato e diventerà testimonianza di un epoca.

Senza quel collezionista si sarebbe perso un pezzetto di storia! Museo Egizio, Armeria Reale, Pinacoteca Sabauda, Museo del Cinema – a Torino – ne sono un esempio in grande; il Museo di Usseglio, quello di Castagnole, il Museo delle Genti di Ceres e quello dei Ricami e Costumi di Lanzo, un esempio in piccolo. Tutti pregevoli modelli di collezioni private non disperse, oggi utilissime socialmente per tutte le generazioni di ogni epoca e luogo.

L’estrinsecazione degli interessi nei campi più diversi (antichi chiodi fatti a mano, lattine di birra, sesterzi romani, peltri…) è un prodotto soggettivo dell’individuo che è una ricchezza nella sua molteplicità, soprattutto quando il collezionista – come nella maggior parte dei casi – non è misantropo e chiuso, ma tende a socializzare e mostrare le sue “ricchezze” avvantaggiando così l’intera società.

E’ anche nostra convinzione che lo spirito collezionistico sia un aspetto culturale latente in molti individui che però non tutti riescono a estrinsecare: trascurandolo ed impedendogli di concretizzarsi si creano quindi più o meno lievi danni per i singoli e per le collettività.

Abbiamo volutamente finora trascurato l’aspetto economico del collezionismo, non perché sia meno importante ma perché è solo una conseguenza del collezionare. Infatti, dopo i primi passi – magari cominciati per caso o  su suggerimento di terzi – occorre spendere denaro per comprare, altro denaro per ben conservare e proteggere ed infine si tratta ancora di denaro quando si vende la propria collezione, qualche volta con vero rammarico, avendo raccolto con passione, pazienza ed amore e curati come propri “figlioletti” quegli oggetti per altri magari insignificanti.

Gli oggetti del proprio desiderio hanno oggi un vero e proprio mercato non solo per l’interscambio tra conoscitori in feste e sagre, fiere, club o singoli, ma anche per la vendita in rete, proprio perché sono vari, appartengono ad una stessa specie e racchiudono mondi autonomi, spesso sono curiosi o  culturalmente o qualitativamente utili per molti; ed è per questo che tanti collezionisti col tempo si sono trasformati in commercianti ed hanno fatto della loro passione un vero e proprio mestiere.

Se  vogliamo dare una data alla nascita di questo fenomeno – forse non è del tutto corretto, ma vi sono prove al riguardo che potremmo accettare – dobbiamo riandare con la mente all’epoca preistorica, quando era uso affiancare ai cadaveri del defunto alcuni oggetti personali o altre suppellettili che permettessero una vita comoda “nell’aldilà”. Pensiamo alle tombe egizie.

Wikipedia invece identifica il collezionismo come un fenomeno pubblico che trae le sue origini dall’arredo delle case nell’antica Grecia; essa afferma infatti che già allora veniva esposto del materiale artistico (vasi, porcellane, piccoli oggetti, lucerne…) negli spazi comuni come l’agorà o il foro ed anche all’interno delle case, dei templi e degli edifici pubblici.

Un’ultima curiosità. Il collezionismo non è, naturalmente, tutto uguale: potremmo definirlo diviso in due grandi categorie: collezionismo maggiore o superiore e collezionismo inferiore o minore.
Pure in questo secondo ambito, che farebbe pensare a valori materiali degli oggetti molto diversi (molto alti nel primo caso, molto bassi nel secondo), la realtà dei fatti registra alcuni paradossi, probabilmente legati solo al mercato ed alla ferrea legge della domanda e dell’offerta.

Alcuni pupazzetti, figurine, ed altro, pur appartenenti ad un collezionismo minore hanno raggiunto prezzi stratosferici ed impensabili se si pensa al valore reale dell’oggetto nella sua componente materica.

In Italia – ma anche nel resto dell’Europa e del mondo – negli ultimi decenni sono nate e si tengono delle vere e proprie fiere o mercatini per collezionisti nei quali si concludono molti di questi affari, qualche volta incomprensibili per il cittadino comune, come a Verona, Napoli, Roma, Milano, Ferrara, Forlì e Piacenza.

Nella foto: una collezione privata di portachiavi

Franco  Cortese Notizie in un click