Il conte Cesare Cernusco e Robassomero

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Breve storia di un nobile antenato locale

ROBASSOMERO  (TO) – L’ultima volta che le sue “nobili ossa”, nel sito della sconosciuta tomba in cui riposano, si sono rallegrate perché hanno sentito parlare bene di loro è stato nel 2006, anno in cui per ben due volte il sindaco di Robassomero (2850 abitanti), Mauro Pagliarani, e quello di Chiusavecchia (518 abitanti), Oreste Lajolo, si sono incontrati: il 13 giugno 2006 a Chiusavecchia e nel “Settembre” dello stesso anno a Robassomero, con una delegazione ospite venuta in visita nei giorni di festa.
Poi più nulla ha destato il loro sonno eterno.

Ora, con questo pezzo, torniamo noi a parlare del conte Cesare Cernusco, cercando di svegliarne il ricordo, senza fare troppo rumore, con delicatezza, per ricreare un momento di meritata notorietà ad un personaggio che ha governato su questo territorio.

Forse non ha abitato molto da queste parti, dove oggi lo ricordiamo, ma questo nobile gentiluomo, Conte di Chiusavecchia e di Bollengo, oltre che di Robassomero, ha certamente  determinato, o per lo meno condizionato – in un modo o nell’altro –  la vita degli antenati di questa comunità. Un po’ di storia per capire.

Nell’anno del Signore 1629, il 17 ottobre, Robassomero, smembrato dai possedimenti dei marchesi Doria di Ciriè, venne infeudato a questo nobile… per necessità pecuniarie! Per dirla senza retorica e chiaramente, Carlo Emanuele I (il Grande: 1562-1630) per grazia di Dio duca di Savoia e principe di Piemonte, aveva bisogno di quattrini, sia “…per la difesa e conservazione de’ nostri Stati e dei beni amati nostri popoli…” sia “…per fortificar frontiere, assoldar gente e far altre provvisioni….”. Epperciò fu posto in vendita, con altre terre, il luogo di Robassomero, per il quale – come riferisce fedelmente l’atto del “nodaro” Pietro Antonio Richetta – il noto Cesare pagò “duemila ducatoni”.

Dagli archivi consultati – quelli del Comune, della Curia e dello Stato – per la verità è sortita più polvere che sue notizie, ma quanto trovato aiuta… anche se non risolve, per saperne di più: conoscere il passato fa bene al presente e può migliorare il  futuro.

Si è scoperto che egli ricoprì importanti incarichi presso la Corona (1600-1650 circa), fu consigliere di Stato e, tra l’altro, ebbe l’onore di organizzare dei convivi in Casa Savoia.

Momenti importanti, nei quali nascevano alleanze e si assumevano storiche decisioni, ma che erano anche pause di ristoro in cui ci si rilassava dalle fatiche del potere.

Comunque sia il buon Cesare con quel contratto ottenne “…total giurisdizione di tutte le cause civili e criminali, degli huomini nobili et ignobili con l’omaggio de fedeltà d’essi, e con l’autorità di far drizzar forche et altre cose concernenti la giustizia, affittamenti forni, molini o fucine, pedaggi, muraglie, castello e suo sito, barbacane (struttura difensiva medioevale a rinforzo del muro di cinta, ndr), terre altene, fiumi e bealere, con facoltà di imporre pene a chicchesia…”.

Con il contestuale editto Carlo Emanuele ordinava nel contempo a tutti gli abitanti del luogo di riconoscere “…per veri loro padroni e signori .. anche …li suoi successori…”.

Bello il loro armo (stemma di famiglia): castello merlato di rosso, cimato da due torri, un elmo, un’aquila ed una corona; interessante il motto: “In fortitudine sacrificium”.

I Cernusco, oggi estinti, erano originari di Milano.

Dopo la venuta in Piemonte il conte viene nominato cameriere reale (1600) poi, in ordine successivo: maestro uditore, consigliere di Stato, presidente capo, generale delle finanze e infine conservatore generale dei patrimoni di Sua Altezza.

Sposato con la nobile Caterina Ruffina Berta, ebbe 4 figli: Anna Felice, Francesca, Ludovico e Francesco; il feudo fu però diviso solo in due: per Anna Felice – che si mariterà con l’avvocato Giovanni Vassallo – e per Francesco, perché Ludovico divenne sacerdote e Francesca sposerà Marcantonio di Buriasco signore della Loggia.

Francesco ebbe e rivendette, il 9 maggio 1636, la sua parte di feudo di Robassomero a Lelio Cauda che a sua volta, il 7 ottobre 1650, la rivenderà a Francesco Darmelli, conte della Loggia, e questi il 14 marzo 1662 la cedette ad  Ottavio Berta che si fregerà del titolo di Conte di Robassomero.

La seconda quota feudale andò dunque alla sorella di Francesco, Anna Felice in Vassallo. Robassomero non lo sa ancora, ma si sta preparando ad avere tre conti, i Berta, i Bonaudo ed i Bonino, in una rocambolesca storia di eredità, in parte contestata; ecco come.

Anna Felice in Vassallo il 14 giugno 1677 cede tutta la sua quota di feudo ad uno solo dei suoi tre figli, Paolo Ignazio (gli altri due sono Cesare, come il nonno, morto senza figli e Carlo Felice, entrato negli Ordini Sacri). Paolo Ignazio divide in due la sua quota: una parte va alla figlia Anna Felice Vassallo (chiamata come la nonna) che sposerà il conte (di Monteu) Domenico Ignazio Bonaudo il 14 settembre 1712, diventando il Bonaudo quindi anche Conte di Robassomero.

L’ultimo passaggio è un po’ più complesso: Giovanni Claudio Vassallo – fratello di Anna Felice  – solo con sentenza del Senato del Piemonte e l’Assenso Regio del 20 giugno 1729, alla fine della lunga causa con il cognato Conte Bonaudo, il 9 aprile 1734 ottiene la parte di feudo spettante, quota che (terreno che scotta!…) rivende subito, il 9 maggio 1736 per 10.000 lire a Gianbattista Bonino, il quale diventa anche lui Conte di Robassomero: …e tre!

Chiusavecchia è un piccolo comune della provincia di Imperia posto a 12 km dal capoluogo nell’entroterra ligure sulla statale per il Col di Nava; fu possesso dei Vescovi di Albenga, pervenne ai Savoia e poi ai Doria e quindi, in qualità di feudo, ai Cernusco. La coltura principale è l’ulivo.

L’autore di questo articolo si scusa anticipatamente con i lettori per possibili errori e/o omissioni non essendo stati scientemente voluti.

La foto, con al centro i sindaci Pagliarani e Lajolo attorniati dai figuranti in costumi d’epoca, è una cortese concessione dall’archivio della Pro-Loco

Franco Cortese  Notizie in un click