È anzi una delle sue prerogative di libertà, insieme ai diritti fondamentali che la distinguono dagli altri sistemi
Quella dello sciopero è un’arma che tante volte ha sbloccato situazioni gravi e difficili, a vantaggio dei lavoratori o dei cittadini.
La frattura tra le sigle sindacali che siamo soliti citate insieme, come un trio indivisibile, non rafforza la chiamata ai lavoratori. La contestazione di una manovra varata da un governo che di fatto è di unità nazionale e di emergenza, nel pieno della crisi più grave da settant’anni a questa parte, e l’astensione dal lavoro in giornate cruciali per la produzione, la distribuzione e il commercio a una settimana da Natale espongono Cgil e Uil a rischi di scollamento, non solo con l’esecutivo e le forze politiche, con le altre sigle sindacali e ovviamente con le organizzazioni dell’impresa e del commercio, ma soprattutto con l’opinione pubblica e con gli stessi lavoratori. Vale la pena puntare tutto su uno sciopero divisivo di fine anno, e alla vigilia di un 2022 in cui cambieranno il presidente della Repubblica e verosimilmente il governo del paese?
Non sarebbe più opportuno accettare un confronto in extremis con l’obiettivo riformista di ottenere un risultato in tema di fisco e di valore reale dei salari, e perché no di garanzie per i giovani? Si recupererebbero l’unità sindacale, il legame con le forze tradizionalmente più attente alle ragioni del sindacato, il rapporto con un premier che non appare certo destinato a uscire dalla scena istituzionale, e soprattutto la sintonia con i tanti cittadini spiazzati dalla proclamazione dello sciopero generale, e con quei lavoratori che pur stando dalla vostra parte potrebbero non scioperare il 16, come ha fatto ieri più del 90% dei lavoratori della scuola


