Il diritto di tornare a casa

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Nei quartieri che sorgono intorno alle stazioni di Roma e Milano i diritti delle donne sono sospesi dal tramonto all’alba

Alludo al diritto elementare di prendere un treno o di rientrare a casa senza tremare al pensiero che un’ombra possa spuntare all’improvviso da un portone o dentro un ascensore, come è appena successo alla Centrale di Milano

. Lì una giovane passeggera franco-marocchina in partenza per Parigi è stata violentata più volte da uno sconosciuto di origini nordafricane e senza fissa dimora, incastrato dalle videocamere e dal senso civico di un passante che ha visto la scena e, anziché tirare dritto (come altri), è corso ad avvertire la vigilanza. Intanto sulle pagine romane del Corriere leggo che gli albergatori dell’Esquilino denunciano di non poter più assumere donne per i turni di notte e del primo mattino: troppi i rischi di agguati e soprusi di ogni tipo. Non va certamente meglio alle residenti: quale ragazza che abita dalle parti di stazione Termini e di piazza Vittorio osa rincasare da sola dopo una certa ora?

So bene che questo non è un problema che si presta a soluzioni sbrigative, utili soltanto a strappare qualche applauso e qualche voto. Ma per cominciare mi accontenterei che tutti prendessero consapevolezza che il problema esiste.

Invece una parte della sinistra si ostina a rimuoverlo e, nel timore di discriminare gli emarginati, finisce per sembrare insensibile al sacrosanto diritto di ogni persona di potersi muovere in libertà.

Massimo Gramellini