Al momento di scrivere questo articolo, il numero delle vittime accertate a seguito del sisma di Marrakech, la storica città dell’atlante, ha superato le mille unità, a fronte di una proiezione ancora non quantificabile di feriti e dispersi sotto le macerie di un terremoto i cui 7 gradi di magnitudo hanno fatto rivivere alla comunità mondiale l’incubo di quanto avvenuto a inizio anno in Turchia, mentre l’Italia si interroga sul carattere temporalmente ravvicinato delle scosse che hanno fatto tremare la terra nelle Marche e nel Napoletano
In tale contesto, si stanno concludendo a Nuova Delhi, capitale dell’India, i lavori del G20, il sodalizio informale che riunisce i Paesi più industrializzati assieme a quelli in via di sviluppo che presentano le economie emergenti con le maggiori estensioni e i più alti tassi di crescita. Nelle stesse ore in cui Marrakech e vite intere franavano sotto i colpi di una terra crudele, il Primo Ministro indiano Modi salutava con un abbraccio l’ammissione e l’ingresso dell’Unione Africana come osservatore e partecipante permanente ai lavori del G20 per questa e per le riunioni successive. Un momento fortemente simbolico, per la concomitanza con il dramma sismico vissuto dal Marocco, che rientra infatti nel novero dei 55 Stati membri dell’Unione Africana, ma che potrà assumere una efficacia sostanziale di reale aiuto alle economie e alle popolazioni colpite, al di là della retorica del susseguirsi dei messaggi di immediata solidarietà da parte dei vari capi di Stato e di Governo del mondo.
Oramai i danni calamitosi sprigionano in pochi secondi le stesse conseguenze dei protratti cambiamenti climatici o degli scenari bellici come quelli fra Russia e Ucraina, e proprio in ciascuno di questi casi si sta evidenziando il più clamoroso fallimento degli attuali strumenti del multilateralismo e di quella che dovrebbe essere una sana e leale cooperazione fra più parti. Con la conseguenza che a prevalere rimangono le iniziative isolate e frammentate dei singoli Stati, al pari delle dichiarazioni separate di solidarietà dei vari leader nazionali, incapaci di produrre una sintesi o un abbozzo di politica unitaria che vada oltre i sentimenti emotivi del momento o le emergenze immediate.
Cosicché ci si deve interrogare sulla reale funzione e funzionalità di riunioni itineranti come quella appena svolta a Nuova Delhi, così come si deve capire in che misura l’ottima notizia dell’ingresso dell’Unione Africana nel G20 si tradurrà in un diverso approccio dell’Occidente nei confronti del grande Continente a sud del Mediterraneo, affinché sia superato il preesistente e vigente approccio sempre oscillante fra colonialismo e paternalismo alla base delle catastrofi umanitarie e del globalismo migratorio.
In concreto: la nuova partnership fra G20 e Unione Africana produrrà – attraverso procedure internazionali trasparenti e rigorose – un grande piano casa per Marrakech e per una sostenibile e inclusiva urbanizzazione delle popolazioni facenti parte del Continente? Oppure da domani ogni Nazione Atlantica, europea e asiatica continuerà a fare da sé con piani di aiuto magari anche meritori ma non coordinati fra loro e rispondenti al proprio storico approccio non di rado opportunistico nei confronti dell’Africa?
Se è così lo si dica subito, perché oggi e magari nei prossimi giorni a dominare saranno le dichiarazioni di solidarietà, poi però queste ultime verranno di nuovo superate dalle esigenze di politica interna legate ai flussi immigratori e alla necessità elettorale di contenerli.
Come se fosse una novità non prevista o prevedibile che quanto accaduto a Marrakech, in assenza di un reale coordinamento e rafforzamento delle politiche multilaterali – le quali implicano la rinuncia a quote di sovranità nazionale -, alimenterà azioni di sciacallaggio destinate a riflettersi in un aggravamento del traffico di esseri umani, a partire da donne, bambini e sfollati, lungo la rotta mediterranea controllata da organizzazioni criminali e speculative.
In un simile contesto di inazione, è dovere evitare che alla perdita delle vite umane si assommi quella della dignità di chi ha perduto tutto e di chi, dall’altra parte, potrebbe andare oltre la retorica dei messaggi di cordoglio per creare un nuovo ordine mondiale, per esempio, nel campo della protezione civile e dell’ingegneria edilizia e costruttiva.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




