“Il suicidio di ieri – dice Palma- è quello di una ragazza di 29 anni che si è impiccata poche ore dopo l’ingresso nel carcere di Messina”. Resta invece da accertare, spiega, la morte del detenuto tunisino di 33 anni, nella casa circondariale di San Quirico a Monza. Dalle prime ricostruzioni il detenuto avrebbe inalato il gas della bomboletta di un fornelletto da campeggio. La Procura ha aperto un’inchiesta e chiesto ha l’autopsia.
Dubbi su quello che è stato definito nelle agenzie “suicidio” li ha anche la direttrice Maria Pitaniello parlando all’Agi: “Non mi sento di affermare che si sia trattato di un suicidio, la magistratura farà in ogni caso chiarezza”. Se gli accertamenti verificheranno che l’uomo si sia tolto veramente la vita, allora sarebbe il secondo dall’inizio dell’anno in questo carcere e il quarto nel giro di pochi mesi, a partire dal 30 ottobre a oggi.
Accanto ai suicidi ci sono gli atti di autolesionismo. “I numeri – spiega – sono altissimi circa un centinaio”. Cosa raccontano questi atti? Raccontano la richiesta di attenzione, raccontano la difficoltà di comunicare perché ci sono persone che non conoscono l’italiano o un’altra lingua. Raccontano di persone che improvvisamente vengono catapultate in una cella e non riescono a comunicare.
Una realtà che pressa anche gli Agenti della Polizia Penitenziaria perché, se ci si ferma a pensare, sono uomini che chiudono a chiave altri uomini. Anche qui il Covid ha ridotto l’organico con conseguenze sulla sicurezza per tutti. “Non si scarica sugli operatori – ha detto Domenico Benemia, segretario del sindacato di Polizia penitenziaria Uilpa – il male del sistema, c’è un allarme, tra suicidi e aggressioni, che non può più essere ignorato”. “Ci vuole più personale – conclude – che permetterebbe maggiori controlli”.


