Dietro le medaglie, l’uomo. Dietro l’uomo, l’alpino. Dietro l’alpino, il patriota. Dietro il patriota, l’intera nazione. E dietro l’intera nazione, anche al netto di qualche fregatura, finalmente di nuovo l’uomo. Al secolo Francesco Paolo Figliuolo, con il dittongo, la penna, la tromba, il moschetto, detto Il Generalissimo Multitasking, un metro quadrato di decorazioni sul petto, compresa la stella cometa e secondo Maurizio Crozza, massimo esperto di facce e comportamenti dei nostri migliori campioni, anche la bottoniera con l’interfono per le emergenze che quando suona l’allarme lui, il generale, è sempre pronto, anzi prontissimo. Parola d’ordine strillata: “Fuoco a tutte le polveri!”.
Dall’Afghanistan al Kosovo ha comandato contingenti per conto della Nato. Dal Kosovo al Covid ha governato la somministrazione dei vaccini per conto di Mario Draghi. Dal Covid alle alluvioni in Emilia Romagna ha sovrinteso gli aiuti a singhiozzo per conto di Giorgia Meloni. Mentre da domani si prepara a misurarsi di nuovo sull’intero scacchiere internazionale per difendere la Patria, spiare i malvagi del terrorismo internazionale, misurare i vantaggi e gli svantaggi delle guerre in corso, esplorare i labirinti e le opportunità di quelle future, nei nuovi panni di vice comandante dei Servizi segreti esteri. Suo viatico preferito: “Sono abituato a vincere”.
La sua massima competenza non è solo la logistica militare e civile di cui confessa di essere innamorato: “Mi piace moltissimo, la trovo romantica: quando i meccanismi si incastrano esattamente, mi sembra di ascoltare la musica delle cose”. Lo appassiona pure la musica della carriera, visto che si fa trovare sempre sull’attenti e pronto alla nomina.
Compresa la più clamorosa, quella di commissario speciale per gli aiuti all’Emilia-Romagna dopo la catastrofica alluvione del maggio 2023, 17 vittime, 36 mila sfollati, 100 comuni coinvolti, una stima da 10 miliardi di euro di danni. Giorgia Meloni – che passeggiò con Ursula von der Leyen tra gli sfollati, coadiuvata da una dozzina di telecamere – era tanto addolorata da quel paesaggio di vite finite nel fango, che impiegò quaranta giorni per scegliere un commissario straordinario. Quaranta giorni e quaranta notti, purché non fosse Stefano Bonaccini, presidente della Regione, dunque candidato naturale all’emergenza, ma purtroppo anche presidente del pd, il maggiore partito di opposizione, guai a dargli visibilità visto che c’erano le amministrative in ballo. La politica non è un pranzo di gala, chi se ne frega degli affamati.
E dal cilindro del sommo cinismo venne fuori la penna sull’attenti dell’alpino. Bonaccini la prese maluccio, ma reagì meglio: “Prendiamo atto della scelta centralista del governo, ma siamo pronti a collaborare con il generale”.
Figliuolo sorvolò. Misurò. Allestì tende e conferenze stampa. Promise. Inciampò. Si eclissò. Coprì il governo che intanto stanziava trenta milioni di spiccioli dopo averne promessi milletrecento. Tutto rallentò di mese in mese. La sua “macchina rombante”, “la macchina che tutto il mondo ci invidia”, si ingolfò. Produsse un sacco di fumo e normative sempre più complicate per chiedere finanziamenti e rimborsi.
Pino Corrias


