Basta abbassare il volume
Tra l’11 ottobre e il 21 novembre, il Ministero della Salute di Gaza registra almeno 342 morti e 875 feriti.
È questa la cifra della “pace”.
Una pace sorvegliata dai droni, recintata dal filo spinato, misurata in sacchi per cadaveri. Più di cento demolizioni – case, scuole, reti idriche – polverizzate.
E ieri, ancora: ventiquattro morti, cinquantaquattro feriti. Colpiti dall’alto.
È sterminio a fuoco lento. È la versione accettabile del genocidio secondo l’Occidente. Basta abbassare il volume.
L’informazione ha spento i riflettori. Gaza scompare dai notiziari, le immagini si fanno rare, la cronaca si eclissa. Non è cessata la barbarie: abbiamo solo smesso di guardarla.
Tra le rovine di Khan Younis e Gaza City non c’è pausa: solo un ritmo più cadenzato della morte. Una morte più digeribile: non boati, non bombe da una tonnellata, ma raid “mirati” su presunti tunnel, l’IDF che avanza oltre la linea gialla.
A Gaza, oggi, 23 novembre 2025,
il cessate il fuoco è un velo sottile su un mattatoio.
Alfredo Facchini


