IL GIORNO ZERO DEI SENZA (PIÙ) REDDITO, A TREMARE SONO SOPRATTUTTO SICILIA E CALABRIA. E ANCHE UN PO’ TORINO

0
19

Alla fine, l’ora fatidica della venuta meno del reddito di cittadinanza, introdotto nel 2018 da Governo Conte Salvini, è arrivata: ad annunciarla, con qualche giorno di anticipo, un SMS del nuovo corso dell’INPS a guida post Tridico, che comunicava con scarne parole a circa 170.000 beneficiari del RDC che quest’ultimo non sarebbe più stato erogato con effetto da oggi

 

E che le vicende degli ex percettori, della categoria degli “occupabili”, da adesso in poi sarebbero state affidate e prese in carico dai servizi sociali, a propria volta gestiti dai sindaci per il tramite dei consorzi socio assistenziali fra municipi limitrofi.

Primo errore clamoroso da parte di Inps e Ministero del welfare sul fronte comunicativo: la presa in carico non viene immediatamente disposta in capo ai competenti servizi comunali (o consortili), bensì a una speciale piattaforma che riunisce i centri per l’impiego (ex collocamento pubblico) e in prospettiva le agenzie formative, per il lavoro interinale e di somministrazione della manodopera.

Dovrà essere tale piattaforma a gestire la procedura di assegnazione del sostegno economico di accompagnamento al lavoro, consistente in un assegno da 350 euro mensili per 12 mesi non rinnovabili.

Il problema è che alla fine di luglio si è arrivati in un contesto di totale impreparazione dei centri per l’impiego stessi, dal momento che i rinforzi annunciati per gli ex uffici del collocamento, transitati dal ministro del lavoro alle Province per effetto della legge Bassanini 26 anni fa, sono rimasti confinati alle dichiarazioni della ministra in carica, Marina Calderone, ex presidente dei consulenti del lavoro, la quale ha annunciato bandi di assunzione per l’inserimento di 6000 nuovi impiegati pubblici da dedicare alla facilitazione dell’incontro fra domanda e offerta.

Senza inoltre considerare il clima di caos dei differenti regimi amministrativi seguiti al ridimensionamento delle Province operato nel 2013 dalla legge Delrio e per il cui effetto in alcune Regioni i dipendenti dei centri per l’impiego sono stati assorbiti dalle competenti direzioni amministrative regionali, con un aggravio sul fronte del costo del lavoro pubblico e com buona pace della revisione orizzontale della spesa (spending review).

La conseguenza di quello sbagliatissimo SMS dell’INPS è che, soprattutto nei capoluoghi del Mezzogiorno, ma pure in città del Nord come Torino dove l’abolizione del RDC interessa almeno diecimila persone, gli assessorati ai servizi sociali dei Comuni sono stati presi d’assedio, assieme alle agenzie territoriali dell’ente di previdenza sociale, da diversi gruppi di ex percettori del Reddito, con la infondata aspettativa che sarebbero stati i municipi a garantire la continuità dei sostegni economici.

Nulla di più inverosimile e irreale: tanto che il Sindaco di Bari e Presidente di Anci Antonio Decaro, che rappresenta i primi cittadini d’Italia, si è affrettato a precisare che gli uffici comunali preposti al welfare e all’assistenza alle persone in difficoltà non hanno, in questa fase specifica, alcun mezzo legale per intervenire, se non in un secondo momento quando i centri per l’impiego dovranno stilare dei rapporti per ogni singolo utente e, se ricorreranno i casi di problematicità, procedere alla segnalazione presso i servizi sociali.

Sarà a quel punto che verranno definitivamente a galla tutte le incongruenze fin qui verificatesi da inizio anno a oggi, dal momento che già si sapeva che il 31 luglio fatidico sarebbe giunto: e ciò, perché le casse municipali sono vuote, non hanno i mezzi per erogare autonomi assegni né per subentrare al percettore di RDC, che sia pure inquilino moroso, nel pagamento del canone d’affitto al locatore e proprietario della casa.

Allo stesso tempo, non è pensabile che gli assistenti sociali, uno ogni 4000 abitanti dello Stivale, possano farsi garanti di un approccio personalizzato ai problemi di coloro che hanno perduto il diritto al Reddito, predisponendo, come la legge vorrebbe, piani di reinserimento e di ricollocazione tarati sui fabbisogni specifici del caso singolo. Pure qui, molte Regioni non hanno utilizzato in maniera tempestiva i fondi che sarebbero dovuti servire a integrare le dotazioni di personale dei servizi socio assistenziali.

In definitiva, governo centrale e amministrazioni locali hanno sottovalutato, con intensità diverse, la portata delle vicende che hanno iniziato a manifestarsi dallo scorso venerdì, subito qualche minuto dopo l’arrivo del SMS sui telefonini degli ormai ex percettori del reddito. Contro il quale è stata condotta una battaglia soprattutto ideologica, fondata sulla sottolineatura dei pur numerosi casi di truffa da parte di beneficiari infedeli ai danni dello Stato e dei contribuenti: si tratta di varie migliaia di circostanze dolose, che hanno avuto come protagonisti evasori fiscali totali, finti nullatenenti, pluri pregiudicati, residenti fittizi e addirittura boss della malavita, in totale l’uno virgola quattro per cento degli oltre otto milioni di nuclei familiari raggiunti dal RDC nel corso di questi cinque anni.

L’altro rilievo che i detrattori del sussidio sollevano attiene alla acclarata scarsa funzionalità ad accompagnare le persone interessate verso un lavoro, che nel caso di ben 600.000 cittadini teoricamente occupabili ha sempre rappresentato una chimera irraggiungibile.

Il RDC, al netto degli episodi di truffa e malversazione, che si sarebbero potuti evitare con un diverso meccanismo di assegnazione per il tramite di prefetti, questori e guardia di finanza – come più volte proposto dal procuratore antimafia calabrese Nicola Gratteri – ha rappresentato infatti più una misura contro la povertà, assoluta e relativa, che non per il miglioramento delle condizioni di occupabilità, finendo con l’alimentare le polemiche sui “fruitori da divano”.

In realtà, come emerge con chiarezza dalle ricognizioni delle agenzie per il lavoro e dei centri per l’istruzione, almeno 600.000 cittadini sono occupabili più teorici che non potenziali, poiché si tratta di persone che vanno dall’obbligo scolastico mai assolto a periodi di protratta inoccupazione, giunti in molti casi alla fascia di età compresa fra i 40 e i 50 anni.

A ciascuna di loro, occorrono servizi territoriali che, sotto la vigilanza delle autorità finanziarie e di sicurezza, all’affiancamento formativo e all’accompagnamento lavorativo, da garantire tramite specifici contratti di tipo professionalizzante supportati da sconti contributivi e fiscali, assicurino, per tutta la durata della ricerca attiva e della prima assunzione e contrattualizzazione, un percorso di sostentamento dalla casa alla mobilità all’alimentazione applicato ai familiari conviventi non occupabili e non autosufficienti. Perché prevenire lo scivolamento nella povertà è meno costoso che non dover poi intervenire per promuovere la fuoriuscita dall’indigenza.

L’Italia, infatti, pur dando per scontati e acclarati diversi malfunzionamenti del RDC, torna da oggi a essere il solo Paese, tra i grandi dell’OCSE e del G7, a non contemplare nel proprio ordinamento una misura universale per il contrasto alla povertà e per il sostegno alle condizioni di occupabilità e di transizione a un lavoro non povero.

La proiezione odierna sul calo congiunturale del PIL dello 0,3 per cento, che rende più difficile il conseguimento della variazione positiva dell’uno per cento su base annua, è la conferma di uno stato di sofferenza diffusa dovuta ai maggiori oneri finanziari e a prezzi che stanno tornando a scendere troppo lentamente sul mercato interno, quello meno beneficiato dalle esportazioni.

Per intanto, sebbene lo stesso sindaco Decaro di Anci abbia parlato di numeri non esatti da parte di Inps, l’ente previdenziale pubblico si prepara a inviare altri 80.000 SMS sospensivi del sussidio, fino al raggiungimento di 400.000 notifiche in totale.

Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI