A due settimane dal vertice Nato dell’Aja in cui l’Italia, come gli altri 31 Paesi dell’Alleanza, si è impegnata a spendere il 5% del Pil in Difesa da qui a dieci anni, il governo di Giorgia Meloni ora vuole accelerare sul riarmo.
E lo fa iniziando a tagliare e velocizzando i controlli sugli appalti militari: il commercio e la produzione di armi, munizioni e materiale bellico saranno in deroga alla normativa sugli appalti pubblici e i contratti segretati. la modifica riguarderà missili, bombe ma anche jet militari, cannoni, munizioni e navi militari, come prevede l’elenco del 1958 della Comunità europea a cui si applicheranno le nuove norme.
La novità è prevista da un emendamento del ministero della Difesa, che Il Fatto ha letto, e che dovrebbe essere depositato lunedì al decreto Infrastrutture in discussione alla Camera. Questo era il progetto iniziale dell’esecutivo anche se lo scontro con l’opposizione e nella stessa maggioranza sull’aumento dei pedaggi autostradali (proposti con emendamento dei relatori e poi ritirato venerdì sera con lite tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini) potrebbe far slittare la norma a un prossimo provvedimento.
Resta però il progetto e la volontà di accelerare sul riarmo, spiega una fonte di Palazzo Chigi. L’obiettivo viene indicato anche nella relazione tecnica all’emendamento: il governo vuole introdurre il principio di “necessità” e “urgenza” per far fronte “allo scenario geostrategico attuale”. In particolare, rispondere alle esigenze dell’Alleanza Atlantica: lo scenario globale, recita ancora la relazione tecnica, “esige in questo particolare settore rapidità di risposta e urgenza nell’adeguare lo strumento militare agli standard richiesti dalle alleanze internazionali cui partecipa l’Italia, in particolare dalla Nato”.
L’emendamento così si muove in due direzioni. In primo luogo, introduce una sorta di “corsia preferenziale” per i contratti che riguardano materiale bellico e militare. L’obiettivo è tagliare i tempi per acquistare e produrre bombe, missili, navi e treni militari, ma anche radar, sommergibili, lanciatori ed esplosivi. Quindi viene eliminato il controllo preventivo della Corte dei Conti e della Ragioneria Generale dello Stato per quei contratti “destinati a fini specificamente militari” e per i quali “lo Stato ritiene di adottare misure necessarie alla tutela degli interessi essenziali della propria sicurezza”, si legge ancora.
Inoltre, saranno sottoposti a segreto, derogando quindi dalla normativa sugli appalti pubblici (il decreto legislativo 208 del 2011) che, scrivono i tecnici della Difesa, “obbligherebbe lo Stato italiano a fornire informazioni la cui divulgazione è considerata contraria agli interessi essenziali della sua sicurezza, previa adozione del provvedimento di segretazione”.
Per controbilanciare questi controlli, con la seconda norma si istituisce una commissione ad hoc che dovrà valutare se procedere con il nuovo regime in deroga. La commissione sarà presieduta da un magistrato della Corte dei Conti e composta da altri due colleghi, da un magistrato del Consiglio di Stato, da un avvocato dello Stato, da un rappresentante per ogni Forza armata e da uno della Direzione nazionale degli armamenti. La commissione è istituita con decreto del presidente della Repubblica.


