Il Governo e le Riforme

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palazzo FOTO DI © FABIO MAZZARELLA/SINTESI PALAZZO CHIGI, THE ITALIAN GOVERNMENT BUILDING

A dispetto della martellante ed enfatica propaganda veicolata da vasta parte del sistema mediatico, le vele del governo Meloni non sembrano piene di vento.

Le promesse di indefettibili riforme non scaldano il cuore degli italiani ancora in attesa di risolutivi interventi su salari, sanità e quant’altro incida effettivamente sulla loro quotidianità. Anzi, i segnali al riguardo sembrano andare in direzione opposta come sa chiunque voglia ottenere in tempi ragionevoli una prestazione dal servizio sanitario pubblico.

Alcuni autorevoli analisti, come Lucio Caracciolo, ipotizzano una vita non troppo prolungata per questo Governo per le crescenti contraddizioni create dall’altalenante avventurismo di Trump e, forse ancor più fondatamente, per l’irreversibile disequilibrio fra le ragioni di credito e debito dei grandi attori mondiali, Cina in testa, insieme all’innegabile declino dell’egemonia statunitense.

Deve, però, notarsi che l’inconsistenza progettuale delle forze di governo (peraltro non solo di esse) probabilmente non è di per sé sufficiente a determinare una crisi governativa atteso il forte se non indispensabile attaccamento a poltrone e potere di una classe politica che non sembra possedere altre risorse al suo attivo.

In attesa di un non ravvicinato collasso dell’Esecutivo per cause esogene (e ancor meno per quelle endogene), può essere utile riflettere sull’unica riforma che sembra avere buone probabilità di successo e cioè quella riguardante la separazione delle carriere dei magistrati. E ciò non tanto per la vicenda in sé e per i problemi specifici connessi a tale riforma le cui finalità sono facilmente intuibili.
Invero, la questione può e deve essere declinata da un punto di vista poco esplorato se non in circoli specialistici.

Il tema riguarda le matrici identitarie della nostra Costituzione.

Gli stessi magistrati e la loro istanza rappresentativa non sembrano aver colto tale aspetto in tutta la sua portata pur sostenendo con forza, del tutto correttamente e senza sbavature corporative, i rischi per i cittadini derivanti da tale riforma.

Invece, la domanda a cui rispondere è questa: la Costituzione italiana, le cui origini storico-politiche non è necessario qui ricordare, è solo un insieme di norme, sia pure di rango superiore, che possono essere modificate, abrogate, sostituite o, invece, è qualcosa di diverso, qualcosa di più?

E del tutto evidente che, chi abbia un minimo di conoscenza della nostra storia e non voglia creare interessate soluzioni di continuità con ciò che la Costituzione ci indica e ci ricorda, non può che riconoscerne la sua specifica natura identitaria. Una natura che affonda , indissolubilmente, le sue radici nella Resistenza, nella liberazione dal fascismo, nell’avvento della Repubblica e negli appassionati elevati dibattiti svoltisi all’interno dell’Assemblea Costituente. In uno, nel recupero di valori di libertà e democrazia dopo vent’anni di dittatura.

Dario Raffone