Che ne sarà del canone Rai? I sindacati, in allarme, chiedono lumi al governo per capire cosa devono aspettarsi dopo le ipotesi ventilate da più parti di abolizione o revisione del metodo di esazione dell’imposta.
Sul tema però l’esecutivo nicchia e anche l’opposizione inizia a spazientirsi. Anche perché il tempo per approvare una riforma (che la maggioranza intende far partire dal 2024) diventa sempre più risicato. E a viale Mazzini vogliono capire quale destino li attende. Anche e soprattutto dal punto di vista economico. Insomma, sul canone si sta giocando una partita complicata e non si possono escludere colpi di scena. Ma andiamo con ordine. Prima di entrare nel vivo della vicenda facciamo un rapido riassunto delle puntate precedenti.
Dal 2024 si cambia, ma come?
Della possibilità di cambiare la modalità di esazione del canone si parla da molto tempo. In effetti, come avevamo già spiegato, il nostro Paese si era impegnato con l’Ue a eliminare dal 2023 l’obbligo per le compagnie che vendono elettricità di “raccogliere tramite le bollette somme che non sono direttamente correlate con l’energia”. In campagna elettorale Salvini si era spinto anche più in là, promettendo l’abolizione tout court dell’imposta. “Ci sono già dieci Paesi europei che non fanno pagare il servizio pubblico radiotelevisivo” aveva affermato il leghista aggiungendo che “il canone Rai grazie a Renzi pesa sulla bolletta” e “c’è gente che con 90 euro ci mangia tre volte in più”.
Resta il fatto che finora il canone è rimasto dov’è. A febbraio il ministro dell’economia Giorgetti ha rivelato però l’intenzione del governo di intervenire. “Il canone Rai – ha detto – deve uscire dalla bolletta (della luce, ndr), per quest’anno lo abbiamo mantenuto e mi sono preso tante critiche, ma deve uscire”.
Infine a marzo la Lega ha depositato in Senato un disegno di legge che prevede una progressiva riduzione dell’importo con un taglio a cadenza annuale del 20 per cento “fino al suo totale azzeramento” in cinque anni. Ma finora il ddl è rimasto lettera morta e ai piani alti dell’esecutivo nessuno si sbilancia. E dunque non si sa quale sia davvero il piano della maggioranza: limitarsi a cambiare il modo in cui l’imposta viene riscossa? Oppure andare davvero verso l’abolizione tout court del canone?
I sindacati: “Tornare al bollettino sarebbe la morte dell’azienda”
Il tempo stringe e i sindacati vogliono sapere cosa li aspetta e cosa aspetta la Rai. “C’è un problema legato a come si sostenta quest’azienda, non esiste in natura un’azienda che possa fare un piano industriale senza avere certezza del proprio budget” ha detto giovedì, in audizione di vigilanza Rai, Riccardo Saccone, segretario nazionale del sindacato dei lavoratori della comunicazione. Saccone ha fatto notare che a oggi “noi non sappiamo come verrà riscosso il canone. Se con la bolletta della luce o se si tornerà all’esazione con il bollettino. Lo diciamo subito: se questa dovesse essere la scelta sarebbe la morte per quest’azienda che non ha più la struttura dedicata all’esazione del canone”.
Insomma, i lavoratori sono preoccupati. Già prima, ha aggiunto il sindacalista, “c’era una forte evasione, oggi (tornare al bollettino, ndr) vorrebbe dire condannare l’azienda a non avere certezza del proprio budget. Non esiste al mondo un’azienda che possa fare un progetto di sviluppo senza avere certezza dei fondi che avrà a disposizione”.
Un concetto ribadito in un documento unitario firmato dalle rappresentanze sindacali. “Togliere il canone dalla bolletta elettrica” si legge, “significherebbe probabilmente dare nuovo fiato all’evasione di quella che, viene a torto considerata da molti un pesante prelievo”. In effetti prima che Renzi decidesse di spostare il prelievo sulla bolletta (e ridurre l’importo da 113 a 90 euro), erano stati raggiunti dei tassi di evasione monstre con stime superiori al 25%. Da allora il numero di coloro che pagano l’imposta è salito di 7 milioni.
Antonio Piccirilli



