È ridotto a uno straccio, stremato da ore di trattativa sul testo della risoluzione che doveva salvare la faccia di Mario Draghi e quella di Giuseppe Conte allo stesso tempo e che alla fine si è conclusa con l’accordo su sei parole, preposizioni incluse: “Necessario e ampio coinvolgimento delle Camere”.
Fino a quando? Alla domanda delle domande, nessuno sa rispondere. Ma certo ieri nell’aula del Senato colpiva l’immagine attorno a Draghi che – escluso D’Incà, per le ragioni di cui sopra, e il Di Maio con due piedi già fuori – non vedeva altri esponenti del Movimento seduti ai banchi del governo. C’è chi guarda al futuro respirando aria di liberazione: “Finalmente potremo lavorare senza guardarci le spalle”.
Fioriscono gli aneddoti sugli “occhi” dei dimaiani che li hanno tenuti sotto controllo per mesi, si sprecano i retroscena sul “risarcimento” che il ministro degli Esteri avrebbe tributato a Mario Draghi per non essere riuscito a mantenere la promessa di mandarlo al Quirinale. E la certezza che, con certi (inverificabili) veleni sotterranei, rimanere insieme sarebbe stato ormai impossibile.
Gli fa eco un senatore: “È tardi, purtroppo. Se fossimo usciti ai tempi della riforma Cartabia, avremmo avuto un anno e mezzo per rifarci una verginità. Ora il tempo è troppo poco, difficile invertire la rotta”. Tanto più che nuove tempeste si stanno per scatenare.
Grillo a Roma pare che non verrà più, per rimettere insieme i pezzi non c’è garante che tenga. Ma non ha smesso di farsi sentire. Ieri mattina l’ultimo post, secondo i contiani fatale per la scissione, con cui ha chiesto di fare “luce sulle nostre ferite”: un nuovo affondo sui due mandati in cui – in grassetto – chiede (a Di Maio): “Qualcuno non crede più nelle regole del gioco? Che lo dica con coraggio e senza espedienti.
Deponga le armi di distrazione di massa e parli con onestà”. Il fondatore non era mai pubblicamente andato così dritto contro l’ex capo e in una telefonata con Conte si è discusso a lungo dell’opportunità di provocare la reazione del ministro “draghiano” con una domanda così diretta.
PAOLA ZANCA


