Il nuovo salasso della scuola italiana

0
29
scuola

La nuova abilitazione all’insegnamento potrebbe trasformarsi nell’ennesimo salasso a carico degli aspiranti docenti italiani. Il decreto, un Dpcm, attuativo della norma lanciata dal governo Draghi nel 2022, che ha trasformato in un solo colpo l’abilitazione all’insegnamento, l’accesso al ruolo e l’aggiornamento in servizio, è ormai alle sue battute finali

Il testo è al vaglio del Consiglio superiore della pubblica istruzione, il più importante organismo collegiale della scuola italiana, per il prescritto parere obbligatorio. E subito dopo diventerà legge. Ma dallo stesso articolato che stanno esaminando i membri del Cspi si intravede che il nuovo percorso per ottenere l’abilitazione all’insegnamento potrebbe arrivare a costare 2mila e 500 euro.

Il nuovo percorso. Quello messo a punto dall’esecutivo Draghi poco più di un anno fa è un sistema integrato di formazione iniziale, abilitazione dei futuri professori di scuola secondaria di primo e secondo grado, accesso al ruolo e aggiornamento in servizio che modifica profondamente le regole esistenti. Per essere assunti a tempo indeterminato nella scuola secondaria, occorrerà superare tre step: abilitazione, concorso e anno di prova.

La prima si otterrà frequentando corsi universitari ad hoc, che esulano dal percorso triennale e magistrale, per un totale di 60 CFU (i crediti formativi universitari), in cui l’aspirante docente dovrà acquisire competenze linguistiche, digitali e inerenti la professione docente, spiega il testo. E che, oltre ad un tirocinio sul campo, si conclude con una prova scritta e una lezione simulata.

Il decreto-legge che modificò la Buona scuola bis del governo Renzi prevedeva “ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)”. E suscitò da subito le proteste dei sindacati, che il 30 maggio di quell’anno portarono in piazza quasi 200mila docenti. L’articolo 12 della bozza di decreto all’esame del Cspi è previsto che “i costi massimi, pari a euro 2.500, di iscrizione ai percorsi di formazione iniziale sono posti a carico dei partecipanti”. Cui occorrerà aggiungere altri 150 euro per sostenere la prova finale. Se la caveranno con 2.000 euro coloro che, avendo già acquisto 24 Cfu in forza della normativa precedente, ne dovranno acquisire 36 di Cfu.

Per partecipare al concorso per insegnare alla media e alle superiori finora è stato necessario essere in possesso di 24 Cfu di materie psico-pedagogiche, antropologiche e metodologiche e la laurea magistrale. I costi per frequentare i corsi che davano accesso ai 24 Cfu erano organizzati dalle università e avevano un costo che oscillava tra i 400 e i 500 euro. E prima ancora, per ottenere l’abilitazione all’insegnamento bastava essere idoneo a un concorso a cattedra, anche senza ottenere la cattedra. Il tutto a costo zero.

Adesso invece gli aspiranti prof dovranno sborsare parecchio per ottenere il titolo. Perché i 60 Cfu richiesti per partecipare al concorso corrisponderebbero ad un anno di studi universitari. E costeranno al massimo 2mila e 500 euro. Ma in realtà dallo stesso decreto si evince che un Cfu prevede un “impegno in presenza nei gruppi-classe è pari ad almeno dodici ore” e non alle 25 ore come accade per i Cfu universitari tradizionali. In altri termini, gli atenei potranno organizzare corsi ridotti per rilasciare i 60 Cfu utili all’abilitazione.

Eventualmente affidando la restante parte della preparazione a piattaforme online. E chi non si affretterà a impegnarsi per acquisire i 60 Cfu per partecipare al successivo concorso rischia di incappare nei rincari degli anni a venire. Perché, recita lo stesso decreto, “i costi massimi sono aggiornati ogni tre anni con decreto del ministro dell’Università e della ricerca, di concerto con il ministro dell’Istruzione e del merito”.

Salvo Intravaia