Con i suoi 37 anni lei resta la più giovane della squadra di vertice (unica eccezione Marco Sarracino) ma si rivela caparbia nel mantenere la promessa di rinnovamento: un buon numero di neo-iscritti promossi al vertice, parità di genere, spazio ridotto per i trasformisti abituati a passare da un capocorrente all’altro, netta svolta a sinistra
Si dovranno rassegnare coloro che, meno di un anno fa, votarono all’unanimità di andare da soli alle elezioni spalancando la strada alla vittoria della destra: il responso degli elettori del Pd alle primarie è stato inequivocabile nel sovvertire l’istintiva propensione degli iscritti al continuismo rappresentato da Bonaccini. Una clamorosa bocciatura dell’apparato, gravida, certo, di rischi per la sopravvivenza del partito, ma assunta consapevolmente dalla base come unica speranza di rigenerazione. I nuovi venuti si riveleranno inesperti? Può darsi.
Intanto viene sancita la fine del partito-chiesa di matrice novecentesca, degenerato in fazioni di cui non sentiremo la mancanza. A fronte dell’immobilismo che ha afflitto negli ultimi mesi il M5S di Conte, convinto forse di poter aspettare a bordo del fiume il passaggio del cadavere del Pd, prende forma un partito-movimento più adatto ai tempi lunghi dell’opposizione che non all’amministrazione del potere residuo. Lo guideranno volti poco noti che riusciranno a trasformarsi in gruppo dirigente solo se rinunceranno al personalismo e sapranno indicare un programma alternativo alle politiche di destra su materie decisive come il fisco, la transizione ecologica, il lavoro, la pace e la guerra.
Promette bene la scelta di Maria Cecilia Guerra nell’indicare una scelta di tassazione progressiva a tutela del welfare, senza paura di toccare le grandi ricchezze nascoste. Altrettanto chiara è la designazione dell’ambientalista Annalisa Corrado, contraria al termovalorizzatore di Roma, nel contestare il rilancio governativo della politica energetica a trazione fossile combinata al rifiuto delle direttive europee sulle case green e sui motori elettrici. Lo stesso vale per la tutela dei diritti negati alle famiglie non tradizionali, affidata ad Alessandro Zan; e per l’accoglienza degli immigrati di cui si occuperà Pierfrancesco Majorino, ponendo fine all’èra Minniti.
Quanto al lavoro povero e precario, piaga italiana che il governo di destra rilancia coi voucher, il nuovo codice degli appalti e il taglio del Reddito di cittadinanza, il Pd paga gli errori del passato che si rivelano anche nella difficoltà di favorire una sana ripresa del conflitto sociale. Ma, se non resterà imprigionato nell’ideologia dell’interclassismo, il Pd potrà far leva sull’inedito asse emergente tra il magistero sociale di papa Francesco, la Cgil di Landini e il sindacalismo di base. Resta il nodo decisivo della collocazione internazionale dell’Italia in tempo di guerra, sul cui ieri ha scritto parole convincenti Goffredo Bettini sul nostro giornale. Ridurlo al dilemma “armi sì, armi no” in sostegno all’Ucraina invasa rischia di sviarci dalle questioni di prospettiva strategica cui dovranno rispondere Elly Schlein e il suo responsabile esteri Giuseppe Provenzano.
Ammesso e non concesso che avesse senso nel passato, può la sinistra italiana del 2023 assumere come valore in sé l’atlantismo? Quando si moltiplicano anche nel mondo occidentale tentazioni illiberali e svolte autoritarie, ha ancora senso limitarci a confidare nella supremazia Usa, subordinando all’ombrello della Nato un potenziale futuro ruolo autonomo dell’Unione europea? Qui non si tratta di uscire dal nostro attuale sistema di alleanze, ma di prendere atto della nuova natura multipolare degli equilibri internazionali figli della globalizzazione
. Fare i conti con civiltà diverse dalla nostra non significa certo rinunciare all’impegno per la salvaguardia dei diritti umani a ogni latitudine, bensì riconoscere che non funziona più lo schema dei blocchi di potenze contrapposte. Tocca all’Europa perseguire il negoziato, scongiurare la corsa al riarmo, respingere le tentazioni bellicose e le aspirazioni imperiali. Il nuovo Pd saprà liberarsi di un atlantismo fine a se stesso? Elly Schlein è una cittadina italiana che ha in tasca anche un passaporto svizzero e uno americano.
Lungi dal renderla potenzialmente sleale agli interessi nazionali, ciò la emenda da quella forma di sudditanza psicologica che afflisse i dirigenti post-comunisti quando pervennero a responsabilità di governo e provarono la stessa ansia di legittimazione alla corte di Washington che oggi contraddistingue Giorgia Meloni.
GAD LERNER



