Il piano Azzolina è un disastro: l’Italia scende in piazza contro la ministra

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Nel caos che sta attraversando il mondo della scuola le certezze al momento sono poche, pochissime. Principalmente due. La prima è che a settembre si tenterà di riportare gli studenti sui banchi, anche se le incognite sono tante. La seconda è che le linee guida presentate dal Ministero dell’Istruzione e iniziate già a circolare, sotto forma di bozza, da diverse ore non piacciono a nessuno. Al punto da aver scatenato proteste e iniziative da parte di ogni componente dell’ingranaggio, a partire dagli alunni e fino ad arrivare ai presidi. Con la posizione di Lucia Azzolina, già prima tutt’altro che granitica, tornata più traballante che

A non piacere sono quasi tutti i passaggi, a partire dagli ingressi e dalle uscite a turno passando per la divisione delle classi in gruppi di età diverse fino ad arrivare alla didattica mista, metà degli alunni presenti in aula e metà a casa. Ma soprattutto lascia interdetti l’assenza di garanzie e di nuove risorse. E così ad animare l’intero settore è stata subito la rabbia: nelle prossime ore ben 60 città italiane si coloreranno di striscioni per dire “no” a questo modello di scuola. Sul piede di guerra i genitori, che per assistere i figli nella difficile via crucis programmata dalla Azzolina dovranno fare salti mortali, tra turni e orari sfalsati. Ma anche i ragazzi, che chiedono maggiori certezze: “Come faranno gli istituti di periferia, meno connessi e meno all’avanguardia, a garantire la stessa istruzione degli altri?”.

Poi ci sono i disabili, che rischiano di pagare un prezzo altissimo visto che gli insegnanti di sostegno non sono stati ancora stabilizzati. E infine i presidi, ai quali vengono assegnate forti responsabilità nella gestione della vita scolastica e che però rifiutano di scendere a patti: senza risorse extra, è la sintesi, non corriamo rischi. Tutti scontenti, insomma, con la Azzolina a tentare di difendere faticosamente la propria posizione parlando di linee condivise con il resto del governo e di un miliardo già sul tavolo per andare incontro alle emergenze nelle singole Regioni. Non proprio un’arringa convincente, considerando che lo stesso premier Conte si è mobilitato per difendere il ministro, annunciando altri 500 milioni di euro pronti ad arrivare in soccorso del settore.