Le CER, finora in una fase sperimentale e associazionistica, a breve saranno regolate con norme e incentivi di carattere definitivo. Si prospetta il modello cooperativistico, in altre parole la costituzione di CER nella forma di società cooperativa, come una soluzione efficace per l’evoluzione delle comunità energetiche
Una Comunità Energetica è un’entità, prevista dalla Direttiva Europea Red II, che produce e condivide energia rinnovabile tra cittadini, attività commerciali, pubbliche amministrazioni locali o piccole e medie imprese che decidono di unire le proprie forze per dotarsi di uno o più impianti condivisi per la produzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili, generando e gestendo autonomamente energia pulita, riducendo le emissioni di CO2 e gli sprechi energetici: si tratta di un soggetto di diritto autonomo a cui possono partecipare come membri persone e organizzazioni – sia private che pubbliche – che decidono di collaborare alla produzione e al consumo condiviso di energia da fonti rinnovabili.
Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) sono attualmente regolate da una normativa provvisoria, che consente una sperimentazione limitata a piccole organizzazioni (poche migliaia di abitanti intorno alle cabine secondarie), con bassa produzione e condivisione di energia rinnovabile (impianti fino a 200 Kw). La sperimentazione è stata resa possibile grazie all’approvazione dell’art. 42 bis del decreto cosiddetto milleproroghe, in vigore dal 1/3/2020, e si applicherà fino all’entrata in vigore della normativa definitiva, che dovrebbe avvenire a breve dopo l’approvazione del decreto del MASE (Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica) che si pronuncerà anche sugli incentivi per le configurazioni dell’autoconsumo diffuso.
Il percorso della normativa sperimentale sulle Comunità Energetiche Rinnovabili e in generale sulle configurazioni dell’autoconsumo diffuso – energiabenecomune.it
Con la normativa definitiva, le Comunità Energetiche Rinnovabili saranno organizzazioni molto più estese e flessibili, con un ampia libertà nel decidere l’ambito di operatività, le modalità di funzionamento ed il modello di business. Potranno crescere territorialmente in un ambito molto più vasto, la zona di mercato elettrico rappresentata da una o più regioni e potranno avere come socio qualunque consumatore e produttore, incluse le grandi aziende (che però non potranno avere poteri di controllo). Potranno controllare e gestire perciò anche impianti di qualunque dimensione, per condividere a livello di comunità e valorizzare tutta l’energia prodotta.
Un bel cambiamento quindi, se si pensa che nell’attuale normativa sperimentale una CER può operare esclusivamente in una zona di bassa tensione (cabina secondaria), che corrisponde ad un piccolo quartiere di poche migliaia di abitanti, e può gestire impianti di potenza massima di 200 Kw e che finora chi vuole realizzare una comunità energetica si trova ad affrontare un iter burocratico articolato, complicato e piuttosto lungo che parte con la costituzione di una associazione.
Se si sviluppano CER di medio-grandi dimensioni, tuttavia, può essere problematico assumere la forma di associazione, anche solo per l’esistenza della responsabilità in solido degli associati, che sarebbero personalmente responsabili a livello civile e penale.
Questo rischio può rappresentare un serio problema, specialmente quando la Comunità Energetica Rinnovabile deve effettuare investimenti significativi per realizzare impianti o infrastrutture.
La costituzione di CER nella forma di società cooperativa potrebbe essere, secondo esperti di settore, la soluzione più efficace in termini di organizzazione e gestione della comunità energetica, pur mantenendo di base i principi mutualistici di reciproca uguaglianza, solidarietà e partecipazione attiva dei soci. Ogni membro ha una voce e un voto nella definizione delle politiche e delle attività della Comunità, fatto che consente di coltivare un senso di appartenenza e di lavorare insieme per il bene comune, garantendo nel contempo un accesso equo ai benefici prodotti.
Inoltre, essendo gli incentivi in tariffa calcolati sull’energia condivisa attraverso la rete pubblica a livello di zone di media-bassa tensione (cabina primaria), si può determinare la costituzione, all’interno di ciascuna CER, di una o più comunità locali di autoconsumo. Anche per questo il modello cooperativistico appare ideale, con la possibilità di attivare una sezione soci per ogni zona di autoconsumo sottostante ogni cabina primaria dove la CER ha installato impianti produttivi.
Ogni sezione soci può godere di una propria autonomia e di un proprio regolamento, in ordine alle proprie finalità, alle attività promozionali e sociali da perseguire ed alla ripartizione o utilizzo degli incentivi, ottenuti grazie alla produzione e al relativo consumo istantaneo dei propri membri.
A questo fine Legacoop, per esempio, attraverso la sua iniziativa “Respira”, si propone come punto di riferimento per favorire la nascita di Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) in forma cooperativa, vista come un modello innovativo e collaborativo per l’organizzazione l’attivazione delle risorse e per la produzione e la gestione dell’energia. L’iniziativa è stata lanciata dal Fondo mutualistico Coopfond, Legacoop, Banca Etica ed Ecomill, piattaforma di crowdinvesting per la transizione energetica, con l’obiettivo di mettere a disposizione una filiera cooperativa di partner tecnici e finanziari a supporto nella costruzione e avvio di una comunità energetica rinnovabile.
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