L’altra sera cercavo di uscire da Roma al volante e ho visto circa un milione di automobili in un chilometro quadrato. Paralizzato nel traffico, ho avuto il tempo di osservare
A bloccare le automobili c’erano anche i lavori in corso; buche profonde come la fossa delle Marianne; migliaia di persone che attraversavano liberamente come se fossero in spiaggia; un semaforo ogni due piccioni e due persone che si prendevano a pugni in bocca per un parcheggio in doppia fila. C’era anche un’ambulanza con le sirene spiegate e una fuga della polizia. Tutto il traffico si è aperto come il Mar Rosso al cospetto di Mosè. C’è stato anche chi si è lanciato nella scia aperta dall’ambulanza per saltare il traffico.
E c’è stato chi ha cercato di speronarlo per impedirgli di violare tutte le regole di base della convivenza civile. E poi i clacson assordanti. Quel milione di automobili ha iniziato a suonare all’unisono per protesta con suoni simultanei di eguale altezza. E gli autobus: questi mezzi di trasporto mastodontici che sembravano transatlantici in piscina. Poi c’è stato pure un tamponamento. Un automobilista ha abbassato il finestrino per chiedere all’automobilista accanto: “Scusi, mi farebbe passare? Devo entrare in quel garage”. La supplica richiedeva che il SUV in oggetto facesse una manovra in tre centimetri quadrati. Per cui la risposta è stata questa: “Me sa che famo prima semmesparo”.
Qualcuno è stato bersagliato dai gabbiani. Un automobilista è sceso dalla sua vettura per spostare un gigantesco cassonetto dei rifiuti; un altro per spostare tre ciclomotori alla ricerca del parcheggio più acrobatico del mondo. Mentre guardavo tutto questo, mi sono ricordato della frase di gran voga:
“Roma è tenuta in pugno da un gruppo di tassisti”. Mi sono domandato come i tassisti potrebbero essere ritenuti responsabili di questo stato di cose e come potrebbero essere proprio i tassisti a risolverlo. Forse hanno inventato i taxi con le ali. Poi ho cercato altre risposte. E non le ho trovate.



