Il tribunale di Bologna rinvia alla corte di Giustizia Ue il decreto legge sui “Paesi sicuri”

0
16

Il Tribunale di Bologna ha rinviato alla Corte di Giustizia Ue il nuovo decreto legge sui ‘Paesi sicuri’ approvato recentemente dal governo, ponendo ai giudici europei il quesito su quali norme vanno applicate per definire il paese di provenienza di un migrante come ‘sicuro’. Secondo i giudici di Bologna i criteri usati dal governo contrasterebbero con il diritto europeo e quindi questo potrebbe condurre a una disapplicazione delle norme del decreto.

I giudici bolognesi hanno assunto questa decisione trovandosi a procedere sul ricorso di un cittadino del Bangladesh a cui era stata negata la protezione internazionale. La Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Bologna aveva infatti dichiarato la richiesta del cittadino bengalese come manifestamente infondata, in ragione della sua provenienza da “paese di origine sicuro” e della “ravvisata mancata indicazione di gravi motivi per ritenere che quel Paese non è sicuro per la situazione particolare in cui lo stesso richiedente si trova”.

Contestualmente i giudici hanno chiesto alla Corte di Giustizia Ue se “sussista sempre l’obbligo per il giudice nazionale di non applicare” le disposizioni nazionali in caso di contrasto con la direttiva europea 32/2013, che riguarda le procedure comuni “ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione.

In sostanza, con la decisione odierna i giudici di Bologna chiedono alla corte Ue se debba prevalere la normativa comunitaria oppure la legislazione italiana, anche dopo che con il recente decreto sui ‘paesi sicuri’, il governo italiano è intervenuto per definire con una norma primaria ciò che fino a poche settimane prima era definito da un decreto interministeriale (norma secondaria), con l’obiettivo di rendere operativi i centri di identificazione in Albania.