In Italia oltre 3mila lupi: “Non vivono più isolati, qualcosa è cambiato”

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A leggere la cronaca degli ultimi mesi, gli attacchi dei grandi predatori in Italia sembrano un pericolo sempre più reale. L’ultimo episodio arriva da Vasto, dove una coppia di fidanzatini è stata aggredita in spiaggia da quello che i due giurano fosse un esemplare di lupo. La vicenda fortunatamente si è conclusa relativamente bene: prognosi di sette giorni, profilassi antirabbica e tanta paura. Non è però la prima volta che si sentono racconti del genere negli ultimi mesi (era già capitato ad esempio proprio sulle spiagge di Vasto lo scorso maggio), e come sempre, queste vicende dividono l’opinione pubblica: quanto sono concreti i rischi rappresentati da lupi e altri predatori selvatici? E cosa bisognerebbe fare per correre ai ripari?

Una risposta semplice, in questo caso, non c’è. Innanzitutto, perché spesso non è semplice accertare la natura degli animali protagonisti dei presunti attacchi contro l’uomo. Anche nella vicenda più recente, ad esempio, al momento non esistono certezze. Il ragazzo, che per un’intera ora avrebbe lottato con l’animale per difendere sé stesso e la compagna, è certo che si trattasse di un lupo. Lo proverebbero il muso allungato, le dimensioni, e le modalità dell’attacco, portato avanti con metodico silenzio.

Senza i risultati delle analisi oggettive (come i test sui campioni di materiale biologico raccolti in ospedale) è però impossibile escludere che non si trattasse piuttosto di un cane randagio. Non è il primo caso a Vasto – lo dicevamo – e in passato molti veterinari si sono dimostrati scettici all’idea che possa trattarsi di un lupo, animale per natura schivo, che si muove in branco e non caccia in solitaria.

Pur raccomandando cautela nell’attribuire le aggressioni a un lupo, in assenza di prove oggettive, Duccio Berzi – tecnico faunistico, esperto di monitoraggio e di mitigazione dei danni e componente della ‘Task Force Lupo’ della Regione Toscana – sottolinea che non si può neanche escludere a priori che questi animali si rendano protagonisti di aggressioni nei confronti dell’uomo. “In biologia non esistono regole scolpite nella pietra – spiega – le specie hanno delle caratteristiche etologiche generali, ma poi ogni esemplare ha il proprio carattere, la propria sensibilità, ed esistono circostanze che possono influenzare le reazioni di qualunque animale. Per questo è giusto dire che gli attacchi del lupo nei confronti dell’uomo in Italia sono un’eventualità remota, ma non sono impossibili”.
Il comportamento dei lupi verso gli uomini è cambiato

I lupi che abbiamo conosciuto negli scorsi decenni – ci spiega – caratterialmente erano stati forgiati da secoli di persecuzioni, visto che fino agli anni ‘70 era permessa la caccia indiscriminata a questi animali. Da quando sono diventati una specie protetta anche l’atteggiamento delle persone è cambiato: siamo bendisposti nei loro confronti, li accettiamo. E questo ha fatto sì non solo che la popolazione italiana di lupi crescesse esponenzialmente, ma ha anche indotto dei cambiamenti nei loro comportamenti nei confronti dell’uomo, che devono ancora essere compresi del tutto.

Quanto siano affidabili le segnalazioni di attacchi da parte dei lupi, sempre più frequenti sui social, è impossibile dirlo – continua Berzi – quel che possiamo dire, invece, è che effettivamente stiamo assistendo ad un aumento della presenza di lupi in zone urbane o suburbane, dove inevitabilmente hanno maggiori probabilità di incontrare la nostra specie”.

L’ultimo censimento italiano risale al 2020, e parla di 3.300 esemplari presenti su tutto il territorio nazionale. Ma soprattutto, di una densità delle popolazioni che abitano l’Italia centro-settentrionale tra le più elevate a livello internazionale, che ha spinto i lupi a spostarsi dalle zone montane isolate dove si erano arroccati per sopravvivere quando venivano cacciati dalla nostra specie, portandoli a raggiungere le zone collinari della Toscana e dell’Emilia, fino alla Pianura Padana, seguendo gli spostamenti degli ungulati che sempre più spesso si avvicinano alle zone abitate.

A prescindere dalle veridicità delle notizie che arrivano dai social, quindi, Berzi ritiene che sarà importante in futuro ragionare in termini di prevenzione, perché limitare le interazioni tra lupo e uomo è aiuta a proteggere, in primis, questi splendidi animali (troppo spesso i malumori da parte della popolazione umana si trasformano in esche avvelenate o proiettili di fucile). La ricetta in questo senso cambia a seconda dell’ambito che in cui ci muoviamo. Se si parla di animali da reddito, servono recinti e cani da guardia, ma soprattutto indennizzi per gli esemplari che inevitabilmente finiscono per essere preda dei lupi.

Parlando di pubblica incolumità, invece, bisognerà agire da un lato riducendo il condizionamento positivo, eliminando le potenziali fonti di cibo nei pressi delle aree abitate o frequentate dall’uomo (rifiuti organici, cibo per cani e via dicendo), e dall’altro mettendo in campo comportamenti avversivi (che possono arrivare fino alla dissuasione attraverso l’utilizzo di proiettili di gomma, sperimentata in alcune aree del Nord Italia).

Simone Valesini