Parliamo di molte decine di miliardi, che riguardano sia gli investimenti aziendali diretti, sia quelli indiretti sospinti dalla domanda delle famiglie incoraggiata dai bonus dello Stato
Come nel caso, in questa seconda ipotesi, del credito d’imposta in ambito edilizio, la maxi detrazione Irpef al 110 per cento in assenza della quale un intervento su due non sarebbe mai partito.
Parliamo delle cosiddette spese fiscali o “tax expenditures”, attraverso le quali il Governo e il Parlamento indirizzano, in maniera più o meno efficiente, comportamenti e decisioni di cittadini, organismi sociali intermedi e aziende riducendo selettivamente la pressione tributaria agendo sulle deduzioni e detrazioni d’imposta, e in alcuni casi addirittura creando moneta fiscale per chi non abbia redditi sufficienti in sede di dichiarazione.
Se da un lato gli interventi hanno dimostrato di poter generare investimenti e fatturati, apportando sul piano settoriale valore aggiunto all’economia nazionale, dall’altro va detto che la gestione delle spese fiscali ha finito con lo sfuggire alla capacità di controllo e di inventariazione delle stesse autorità di politica economica, causando una diminuzione netta di 6 punti equivalenti di prodotto interno lordo su base annua (erano 5 prima dello scoppio della pandemia sanitaria da covid) nel bilancio dello Stato, che tuttavia non si sono riflessi in una crescita simmetrica o più che proporzionale dell’economia del settore privato.
Sintomo questo della necessità di procedere a un riordino del sistema degli aiuti e degli sgravi, che se sul piano delle rinunce delle pretese tributarie ammonta a 83 miliardi di euro annui, sale a oltre 120 miliardi sommando il capitolo delle erogazioni monetarie dirette come i contributi a fondo perduto in conto capitale o in conto interessi o le varie voci di spesa statali o regionali a favore di determinate categorie di aziende e di investitori, non di rado in cofinanziamento o in aggiunta ai fondi dell’Unione Europea.
Nella scorsa legislatura, vigente il Governo Draghi, un tentativo anche meritorio era stato compiuto, con dovizia di produzione di report tecnico-finanziari piuttosto dettagliati, dagli allora Ministri Giancarlo Giorgetti, all’epoca a capo del ministero dello sviluppo economico (oggi industria e made in Italy), e Mara Carfagna, oggi all’opposizione ma che nell’esecutivo dell’ex presidente della BCE era preposta al dicastero per il Sud e la coesione sociale e territoriale.
In ballo era la riforma di un macro capitolo del valore di oltre 17 miliardi di euro annui e relativo ai sostegni ai soli piani diretti di investimento da parte delle imprese, su base settoriale o per tipologia di fattori produttivi. Incentivi da ricondurre a razionalità sia perché frammentati al proprio interno (alcuni sorti come provvisori sono poi stati reiteratamente prorogati), sia per le evidenti discrepanze geografiche create: immaginati per ricomporre divari tra regioni di aree diverse del Paese, centro-nord e Mezzogiorno, hanno finito con il generare spesa senza valore aggiunto a sud e con il rafforzare alcune zone forti nel resto del Paese in modo peraltro non omogeneo all’interno di stesse regioni. Industria 4.0, per intenderci, è uno degli ambiti nei quali il nuovo Ministro delegato Adolfo Urso ha promesso di agire per intavolare quel riordino fallito dai precedenti esecutivi sia tecnici sia politici; ma che ora non è più rinviabile in virtù delle scadenze non dilatate imposte dal Pnrr che, fra i punti a cui palazzo Chigi deve adempiere, ha stabilito quello relativo alla riforma tributaria sotto il profilo della razionalizzazione e dell’efficientamento delle tax expenditures.
Il ministro Adolfo Urso, nel corso del recentissimo incontro sulla sicurezza cibernetica come infrastruttura per uno sviluppo economico al riparo da atti di pirateria e di criminalità informatica, ha annunciato che proprio oggi il Consiglio dei Ministri dovrebbe varare lo schema di disegno di legge delega in tema di incentivi alle imprese, con l’obiettivo di semplificarli e di accrescere la loro efficacia, in termini di capacità di generazione di valore aggiunto micro e macro economico, indirizzando gli stessi verso il conseguimento di obiettivi di sovranità e indipendenza strategica dell’Italia nell’acquisizione di beni, componenti e servizi industriali a loro volta fondamentali per il completamento di linee e processi.
Un cammino che dovrà poi essere portato avanti in Parlamento e nel confronto con le categorie d’impresa per sfociare in uno o più decreti legislativi delegati.
Senza considerare l’ulteriore capitolo delle autonomie differenziate regionali, dalle quali passerà una quota Importante dei sostegni alle attività produttive, da attuare in maniera non più sganciata da un quadro nazionale univoco.
Insomma, una nuova fase di incentivi che superi i molti attuali disincentivi e diseconomie che spesso rendono i singoli interventi non conosciuti e non fruibili.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




