INCHIESTA MITENI. RINVIATA L’UDIENZA PRELIMINARE

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VOGLIAMO IL PROCESSO IN CORTE D’ASSISE.
I RESPONSABILI GUARDINO NEGLI OCCHI I CITTADINI

“Chiunque avvelena acque è punito con la reclusione non inferiore a 15 anni. Se dal fatto deriva la morte di alcuno si applica l’ergastolo”
Così recita l’art. 439 del codice penale sulla base del quale i magistrati della Procura di Vicenza hanno indagato e hanno chiesto il rinvio a giudizio per i dirigenti della Miteni.

Questa mattina si è aperta formalmente l’udienza preliminare, con un rinvio all’11 novembre prossimo. C’è quindi ancora tempo per chiedere a gran voce che si apra un processo in Corte d’Assise, come del resto prevedono i capi di imputazione.

E’ una questione di pura giustizia: quando ci si ritrova a dover giudicare i responsabili di un gesto come l’avvelenamento delle acque causato dall’ex Miteni di Trissino, non si può esaurire tutto tra avvocati, magistrati e giudici.

Per 10 anni migliaia di cittadini del Veneto hanno subito l’avvelenamento da PFAS, numerosi sono già i problemi di salute riscontrati e altri – forse più gravi – potranno emergere in futuro.

Si è attentato alla salute dei cittadini e i cittadini stessi hanno ora diritto a dire la loro in un’aula di tribunale.

Come chiedono i magistrati e gli avvocati di parte civile, si proceda dunque in Corte d’Assise, con una giuria popolare e in un processo a porte aperte.

La difesa degli indagati ha sostenuto e continua a sostenere che si sia trattato di una specie di svista, di banale noncuranza e che – riguardo il disastro ambientale, il secondo reato contestato – semplicemente all’epoca nessuna legge lo impedisse.

Siamo davanti ai soliti garbugli formali che vogliono nascondere la sostanza: ancora una volta per profitto qualcuno ha avvelenato il territorio, fregandosene della salute dei veneti.

Nelle 3 settimane che ancora ci separano dall’apertura dell’udienza preliminare, dobbiamo tutti farci sentire!

Non c’è nulla di politico in tutto questo, ma è solo una questione di giustizia e civiltà.
Qualcuno minimizza o gioca al rimpallo delle responsabilità, ma fino ad ora la terra continua a rimanere avvelenata: mentre aspettiamo i fatti, almeno facciamo in modo che i responsabili paghino.

Quanto è accaduto deve essere giudicato secondo la legge ma per la sua natura di reato ai danni della cittadinanza, richiede la partecipazione popolare diretta all’amministrazione della giustizia, come prevede lo stesso legislatore.

Gli avvocati dei dirigenti di Miteni sosterranno che si poteva avvelenare territorio e popolazione semplicemente perchè la legge non lo impediva: dovranno farlo guardando negli occhi i cittadini.