Incongruenza fra mercato dei bond e quello azionario

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Fino a poche ore fa (ovvero prima della recentissima correzione in atto) abbiamo assistito a una marcata contraddizione sui mercati obbligazionario e azionario: il primo ha scontato per molte settimane una recessione, mentre il secondo è stato supportato da aspettative di crescita e/o tenuta dell’economia superiore alle attese

Già da tempo ricordiamo come la curva dei rendimenti in Usa si sia invertita fino al record degli ultimi 40 anni, un segnale che spesso ha accompagnato o previsto una pesante discesa del Pil (ha sfiorato gli oltre 85 bp la differenza fra i tassi a 2 e 10 anni).

Le borse, dal canto loro, hanno continuato l’ascesa avviata all’inizio dell’anno e trasudano ottimismo, con molti economisti che ormai si spingono a prevedere che l’America sarà in grado di evitare la recessione.

Se la curva dei rendimenti invertita si è sempre dimostrata affidabile nel segnalare una recessione con un anno o un anno e mezzo di anticipo (tassi a breve termine alti a scontare le mosse Fed e tassi a medio/lungo termine a supportare l’economia di fronte a una recessione imminente), il consistente recupero di inizio anno dei listini globali sembra riflettere al contrario una previsione diversa degli economisti che per il 2023 negli Stati Uniti segnalano un +0.5%.

Anche il Fondo monetario si è allineato alla bonanza e prevede ora +1.4% da un precedente +1%. Molte case di investimento hanno ridotto le probabilità di recessione.

 

I dati economici recenti sembrano confermare l’ottimismo, facendo sperare che la recessione possa essere evitata. Difficile dire se abbia ragione il mercato dei tassi o quella azionario: resta tuttavia un fattore di fondo che sta lavorando, ovvero il positioning e l’elevata liquidità ancora a disposizione dei gestori dei fondi globali.

 

Secondo alcuni sondaggi, i gestori, nonostante la riduzione operata in dicembre e gennaio, hanno ancora a disposizione una quantità di cash nei loro portafogli che staziona sui massimi degli ultimi venti anni. Dato che con questa inflazione arrembante tenere cash ha un costo elevatissimo, può essere che questa liquidità sia stata impiegata nelle borse (complici i numerosi dati macro positivi), su cui il mercato era strutturalmente sottopesato come non accadeva da decenni rispetto ai bond, che è stata l’asset class regina e privilegiata del 2022.