La nuova via dell’Asia per gli idrocarburi della Russia, nel mezzo della guerra dell’energia con i clienti tradizionali europei, è stata evocata ieri dal presidente Vladimir Putin. E oggi il Financial Times ha pubblicato un’analisi, basata sui dati disponibili, per capire quanto i principali player asiatici – Cina, ma soprattutto India – stanno “aiutando” Mosca a compensare il peso delle sanzioni imposte da Usa e Ue per l’invasione dell’Ucraina.
La ricerca è incentrata, in particolare, sull’export russo di petrolio. I dati consultati dal giornale finanziario rivelano che nel secondo trimestre del 2022 la Cina e l’India hanno importato 11 milioni di tonnellate di petrolio in più rispetto al primo trimestre. Si tratta di un valore cresciuto di 9 miliardi di dollari.
A muoversi, in particolare, è stata l’India le cui importazioni sono salite da 0,6 milioni di tonnellate nel primo trimestre a 8,42 milioni di tonnellate nel secondo. La Cina, dal canto suo, a maggio ha acquistato 2 milioni di barili al giorno. Con un incremento di 0,2 milioni di barili/giorno rispetto a gennaio e 0,4 mln barili/giorno rispetto a febbraio.
Dietro questo boom di acquisti non sembra esserci in realtà una conscia volontà di aiutare Putin. “Si tratta solo di un cinico e pragmatico modo di usare la situazione nel proprio interesse”, ha affermato Alexander Gabuev del Carnegie Endowment for International Peace al FT. “Naturalmente – ha continuato – questo di fatto crea cash flow che aiuta il Cremlino nel momento in cui l’export verso l’Europa è bloccato”.



