Nel meeting che si è svolto nella giornata di ieri, la Bce ha provveduto ad abbassare i tre tassi d’interesse di riferimento di 25 punti base portandoli rispettivamente al 3,25%, al 3,40% e al 3,65%
Tale mossa era ampiamente attesa e supportata dai report giunti nelle ultime cinque settimane: il dato relativo all’inflazione annualizzata per il mese di settembre nell’area dell’euro è stata inferiore al target, con un valore definitivo del 1,7% annuo, pubblicato proprio ieri, che ha evidenziato come il processo disinflazionistico sia ben avviato.
A contenere l’aumento dei prezzi contribuiscono anche le previsioni di crescita economica, che indicano un rallentamento dell’eurozona, in uno scenario di “soft landing” ma non di recessione, ha rassicurato ieri dalla Presidente Lagarde. Tuttavia, i conflitti in Ucraina e in Medio Oriente e la diminuzione delle esportazioni dovuta all’indebolimento dell’economia globale rappresentano rischi al ribasso per la crescita del blocco.
Date le prospettive dell’attività economica nell’Eurozona, le probabilità di un significativo taglio dei tassi di interesse (pari a 50 punti base) nella prossima riunione della BCE, prevista per il 12 dicembre, sono attualmente stimate al 50%, in parità con quelle di un taglio più moderato da 25 punti base.
In attesa del meeting di ieri, i tassi di interesse dell’area euro avevano già iniziato a scendere: i cali più significativi si sono verificati sulla parte breve delle curve (nell’arco della settimana il rendimento del Bund a 2 anni è sceso di 10 punti base), ma anche le scadenze più lunghe non sono state esenti da riduzioni.
Le principali borse europee hanno beneficiato della decisione della BCE sia nella giornata di ieri che nei giorni precedenti, riponendo fiducia nelle aspettative di un easing monetario.
Trimestrali: primi segnali contrastanti tra USA e Europa La reporting season è ufficialmente iniziata, a dare inizio come al solito sono le banche americane, con JPMorgan e Wells Fargo a fare da apripista pubblicando i risultati alla fine della settimana passata. Le trimestrali bancarie spesso svolgono una funzione di termometro dell’economia americana permettendo di comprendere meglio lo stato di salute di quest’ultima (basti pensare che JPMorgan e Wells Fargo insieme rappresentano quasi un quarto del totale dei depositi retail in US).
La spesa dei consumatori continua a sostenere l’economia americana, dimostrando una notevole resilienza di fronte a tassi di interesse ancora elevati. Nonostante la domanda di prestiti sia in contrazione, il buon stato di salute del consumatore ed un’elevata qualità del credito limitano gli impatti negativi sull’attività economica.
Segnali tutto sommato incoraggianti che insieme a margini e utili migliori delle aspettative elaborate dagli analisti di Wall Street hanno permesso all’S&P financial di toccare il record storico.
Mentre l’economia statunitense sembra mostrare una certa resilienza, sostenuta da una spesa dei consumatori ancora solida, il quadro europeo appare più incerto. Le principali banche del Vecchio Continente devono ancora presentare i loro risultati trimestrali, ma le aziende che hanno già pubblicato i numeri non hanno destato entusiasmo tra gli investitori.
Il profit warning lanciato da ASML il 15 ottobre, con ordini ben al di sotto delle aspettative (2,63 miliardi di euro vs aspettative pari a 5,59 miliardi di euro) ha acceso i riflettori sulla debolezza dei mercati degli smartphone e dell’automotive. LVMH, il più grande gruppo al mondo nel settore del lusso, ha pubblicato risultati inferiori a quelli che il mercato si aspettava, evidenziando un rallentamento della domanda globale.
Seppure all’inizio delle trimestrali in Europa sembra delinearsi un quadro economico complesso ed incerto.
Gli investitori saranno con gli occhi puntati sui risultati trimestrali delle aziende americane ed europee, attesi per il prossimo mese. Questi dati saranno fondamentali per valutare e formulare previsioni sull’andamento futuro dell’economia globale.



