INFLAZIONE, NORD OVEST E SICILIA UNITI DAI RINCARI

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I dati messi a disposizione da Istat nazionale, sebbene siano di mezzo punto più bassi di quelli elaborati da Eurostat su base tendenziale per il trascorso mese di aprile, si attestano su una variazione in aumento del costo della vita pari all’8,2 per cento

A pesare in misura maggiore, nella formazione di un così significativo rincaro, sono state le spese per il mantenimento della casa, carburanti e bollette incluse, salite di quasi il 17 per cento, ossia più del doppio della media, quelle dovute ai prodotti alimentari e alle bevande analcoliche, più 12,1 per cento, e alla fruizione dei servizi ricettivi e di ristorazione, più 8,4. Meno del dato medio sono saliti i listini al dettaglio per bevande alcoliche, tabacchi, abbigliamento e calzature, servizi sanitari e istruzione.

Tutte voci, anche quelle segnate dai minori incrementi, sempre meno alla portata di stipendi e salari reali ristagnanti da oramai almeno due decenni.

Non a caso alle porte dell’apertura della bella stagione turistica del nostro Paese, la Regione che conquista il primo gradino del podio dei rincari è la Liguria con una variazione in aumento complessiva vicina al 10 per cento, per la precisione un più 9,7, seguita dal più 8,9 della Sicilia e dal più 8,8 dell’Umbria.

Nella classifica su base regionale dell’ISTAT, Toscana e Piemonte si collocano a pari merito con aumenti quantificati sui listini in un 8,7 per cento, un decimale sopra Abruzzo e Puglia.

La Lombardia, nonostante il fenomeno del caro affitti tutto milanese, si ferma addirittura al di sotto della media nazionale con un livello di inflazione all’otto per cento tondo.

Liguria e Sicilia sono in cima ai primi due gradini del caro vita anche per quello che riguarda le rispettive città capoluogo: Genova a quota più 9,7 e Palermo a più 9,3. Addirittura la Sicilia detiene il terzo è il quarto posto nella graduatoria dei centri urbani più cari con Messina a più 9,1 e Catania a più 9. Lo stesso incremento del costo della vita fatto registrare dalla città di Milano per effetto di fattori connessi alla casa, alle bollette, alle tariffe locali e ai servizi ricettivi.

Torino si colloca settima, dopo Perugia e Firenze, e alla pari con Ravenna all’8,6 per cento.

Deve essere evidenziato inoltre che le città con variazioni nell’indice dei prezzi situate fra l’8,1 e il 9 per cento, hanno comportato per ciascuna famiglia media un esborso dai 2100 ai 2440 euro addizionali annui.

Addizionali appunto, come una vera e propria tassa gravante sui ceti più vulnerabili e a reddito fisso, a discapito dei quali l’inflazione agisce come una mannaia impositiva difficilmente eludibile dal momento che alcuni tipi di consumo sono obbligatori e dovuti.

In particolare su voci come combustibili, energia e materie prime agricole, che nella maggioranza dei casi formano componenti esogene d’importazione, la stessa austerità monetaria adottata e protratta a livello di Eurozona, con i tassi di riferimento della BCE, si è rivelata e si sta rivelando poco efficace con un effetto collaterale viceversa purtroppo tangibile sulla forte inedita crescita della rata del mutuo per la casa o per l’azienda e che assorbe in vari casi oltre la metà del reddito disponibile.

Un tema, quest’ultimo, che è stato evidenziato da Beppe Ghisolfi, Banchiere internazionale e scrittore, nel proprio video editoriale andato in onda nel corso del TG 4 di Telecupole Piemonte.

Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI