Marco Rizzo ha 59 anni, è segretario generale del Partito Comunista in Italia. Laureato in scienze politiche, giornalista ed autore di libri e pubblicazioni. Figlio di un operaio della Fiat Miratori, è nato e vissuto in un quartiere popolare di Torino. Iscritto al Partito Comunista Italiano dal 1981, è stato eletto cinque volte nelle istituzioni come consigliere provinciale a Torino, tre volte come parlamentare alla Camera dei Deputati a Roma ed una volta come deputato al Parlamento Europeo. E’ stato tra i fondatori del Partito della Rifondazione Comunista e del Partito dei Comunisti Italiani, di cui è stato coordinatore delle segreterie nazionali e capogruppo alla Camera dei Deputati e al Parlamento Europeo. Mantenendo alta la bandiera del marxismo-leninismo, nel 2009 ha fondato e diretto l’esperienza politica che ha portato alla ricostruzione del Partito Comunista in Italia.
Il segretario generale del Partito Comunista (Italia), compagno Marco Rizzo, nel suo ufficio a Roma, 2019 ©JacopoBrogioni
All’inizio di questa primavera il Presidente cinese è stato in Italia. Secondo Lei, a parte gli investimenti bilaterali in programma, quale direzione politica dovrebbe prendere la cooperazione tra Roma e Pechino?
Il nostro Partito interpreta la realtà dal punto di vista della classe operaia, che riteniamo essere classe nazionale. E’ alla luce dei suoi interessi di classe che valutiamo le relazioni internazionali dell’Italia, un paese capitalistico avanzato che, nonostante la crisi, rimane una potenza industriale economicamente rilevante e continua ad occupare una posizione elevata tra le potenze imperialiste. In linea di principio, il Partito Comunista in Italia è favorevole allo sviluppo delle relazioni e della cooperazione internazionali con qualsiasi paese, ma sempre e solo sulla base imprescindibile della reciprocità e della pari dignità dei partners, indipendentemente dal loro diverso peso economico e politico.
Questo, purtroppo, finora è avvenuto raramente. L’Italia si è spesso trovata a subire rapporti internazionali svantaggiosi per il paese e per il proletariato italiano, soprattutto a causa della complicità della borghesia italiana con il capitale straniero. Gli interessi del popolo lavoratore e del paese sono spesso stati svenduti in nome dei momentanei interessi di classe della borghesia nazionale. Questo è accaduto nei confronti dell’imperialismo USA e continua ad accadere nei confronti del blocco imperialista rappresentato dall’Unione Europea. Auspichiamo, quindi con la visita del Presidente Xi Jinping, che le relazioni tra la Cina e l’Italia vadano nella direzione di un effettivo vantaggio reciproco, della pari dignità e di una maggiore conoscenza e comprensione reciproca.
Quest’ultimo ci sembra un aspetto molto importante in un momento in cui si inasprisce la competizione tra USA e Cina e si addensano nubi di guerra, per ora solo commerciale. Ci auguriamo che le buone relazioni bilaterali tra i nostri due paesi possano contribuire ad evitare il coinvolgimento dell’Italia in qualsiasi escalation della conflittualità, sia commerciale, che bellica.
In un’ottica meno generale, auspichiamo un rafforzamento di fraterne relazioni bilaterali, nel rispetto delle reciproche posizioni teoriche e politiche e nello spirito dell’internazionalismo proletario, tra il PCC e il nostro Partito, dall’azione comune dei quali in larga misura potrà essere assicurato anche il corretto sviluppo delle relazioni tra i nostri Paesi, nell’interesse della classe operaia e dei lavoratori.
L’Italia può e vuole, indipendentemente da influenze esterne, cogliere tutte le opportunità della cooperazione con la Cina?
Il capitalismo italiano subisce vincoli militari, politici ed economici a causa della sua partecipazione alla NATO, all’UE e all’Euro. La sua autonomia è formalmente limitata dal rispetto delle compatibilità, derivanti dai trattati in essere, per altro volontariamente sottoscritti, che stanno alla base delle alleanze imperialiste di cui l’Italia fa parte. Ne sono dimostrazione le attuali vicende del contenzioso tra il Governo Italiano e la Commissione Europea in tema del bilancio statale. Nel nostro paese esistono settori di borghesia capitalistica che guardano alla Cina come ad una grande opportunità, sia in termini di mercato di sbocco per le proprie merci, che in termini di potenziale investitore estero in Italia.
Altri settori del capitale, in genere quelli che producono beni a basso contenuto tecnologico e innovativo, percepiscono la Cina come una minaccia, nel timore di non poter reggere ad un confronto di competitività e premono per l’introduzione di barriere all’ingresso nel mercato nazionale ed europeo. La posizione del capitalismo italiano nei confronti della Cina, pertanto, non è univoca di per sé, indipendentemente dalle forti pressioni internazionali in atto. Spesso chi è liberista nei confronti dei mercati altrui, diventa protezionista nei confronti dei propri.
Va detto che, a parte le pressioni degli USA, motivate dalla coscienza della perdita dell’egemonia globale, vengono sollevate perplessità e posti freni allo sviluppo degli accordi con la Cina anche dall’interno della stessa UE, da parte di paesi che con la Cina avevano già firmato precedentemente accordi anche più estesi e impegnativi. Ciò è dovuto alla forte concorrenza tra paesi imperialisti che esiste anche all’interno dell’Unione Europea. Dal punto di vista degli interessi di classe del proletariato, dobbiamo rilevare che questo tipo di accordi sta mettendo in crisi l’egemonia statunitense, aprendo contraddizioni nel fronte imperialista che i Partiti Comunisti dovranno essere in grado di utilizzare a vantaggio della classe operaia, non solo in Italia.
Il segretario generale, compagno Marco Rizzo, dirige un raduno del partito a Roma, maggio 2019 @Jacopo Brogioni
Qual è la Sua opinione sul conflitto commerciale tra USA e Cina e come giudica in generale l’atteggiamento statunitense nelle relazioni internazionali?
Gli Stati Uniti sono coscienti del fatto che stanno perdendo il loro ruolo egemonico nel mondo, pur rimanendo una temibile potenza imperialista. La loro economia è minata da ricorrenti crisi di sovrapproduzione, da un crescente impoverimento della popolazione e da un debito pubblico senza eguali al mondo, a cui fanno fronte stampando carta moneta. L’enorme massa di dollari, immessi sui mercati mondiali come equivalente generale delle merci nei pagamenti internazionali, è sorretta, di fatto, solo dalla supremazia militare e politica, un fattore difficile da mantenere nelle condizioni odierne che ormai è entrato in crisi, messo in discussione dagli stessi alleati tradizionali degli USA, prima fra tutte l’UE.
C’è quindi da aspettarsi un incremento dell’aggressività degli Stati Uniti sul piano internazionale. Lo stiamo vedendo nell’introduzione dei dazi sulle merci importate dalla Cina, ma ancora di più nelle sanzioni economiche contro Russia, Venezuela, Cuba, RPDC, Iran, nel tentativo di indebolire questi paesi economicamente per poi destabilizzarli e rovesciarne il sistema politico, sociale ed economico.
Un’aggressione per ora soltanto economica, che rischia, però, di trasformarsi in aggressione armata, in una guerra vera e propria di proporzioni devastanti. Per questa ragione, il nostro Partito si batte da sempre contro l’imperialismo USA, per la denuncia dei trattati di cooperazione militare con quel paese, per l’uscita dell’Italia dalla NATO e sostiene la giusta lotta dei popoli per il diritto a decidere il proprio destino senza ingerenze imperialiste
La Nuova Via della Seta: qual è il ruolo di questa iniziativa nella cooperazione tra Cina, Italia e gli altri paesi europei?
Il progetto cinese è di per sé interessante e potrebbe avere anche delle ricadute positive per i lavoratori dei paesi coinvolti.
Sotto questo aspetto, che per noi è fondamentale, tutto dipenderà da quanto il proletariato saprà spostare i rapporti di forza a proprio favore, sviluppando un’efficace lotta di classe per impedire che dei benefici derivanti da un progetto, realizzato grazie al suo lavoro, si appropri, ancora una volta, il capitale.
Questo dipenderà anche da quanto i Partiti Comunisti sapranno utilizzare a vantaggio dei lavoratori le contraddizioni, potenzialmente positive, che la Nuova Via della Seta indubbiamente apre nelle relazioni internazionali, finora dominate dagli USA.


