Il lavoro è, a prescindere da tutto, il primo tra i pensieri, le priorità e le preoccupazioni degli italiani. Al di là delle classifiche e di come se ne voglia intendere, il lavoro rappresenta per ogni persona la possibilità di poter avere una vita dignitosa se non si hanno altre fonti di sostegno. Di fronte a questo tutti gli altri problemi passano in secondo piano
Negli ultimi anni nel ranking delle ansie dei cittadini il lavoro è stato scalzato dal podio fondamentalmente in due situazioni che si possono definire particolari: nel primo anno della pandemia (2020/2021), dove il Covid-19 ha fatto emergere tutta la nostra fragilità proprio di fronte al tema della salute, e nell’autunno dello scorso anno (2022), dove l’inflazione e l’aumento dei prezzi lo hanno fatto scorrere al terzo posto anche alle spalle della crisi energetica e di poco avanti alla denuncia dell’aumento delle forniture di luce e gas.
Alla fine dello scorso anno, chiedendo agli italiani di fare un bilancio prospettico e mettendo in ordine di importanza le loro preoccupazioni per il futuro, il risultato ha presentato una classifica con al primo posto la possibilità di rispettare le scadenze per il pagamento delle bollette (36,3%), la salute (27,3%) e il lavoro (21,8%).
Il tema è sicuramente caldo, come questa estate sferzata a ritmi alterni da ondate soffocanti. Del resto, si sa che prima dei 30 anni in Italia si è considerati privi di esperienza lavorativa e dopo i 60 risulta più complicato rimettersi in gioco. Se si riflette su alcune sfumature, si intravedono tutte le complessità del mondo lavorativo: la qualità del lavoro, i contratti, gli orari, lo smart-working, lo stipendio, la sicurezza, l’equilibrio casa-lavoro-famiglia, eccetera. Ma è corretto mettere sullo stesso piano il tema lavoro e la povertà?
Ancora nell’aprile del 2023, quasi il 40,0% degli intervistati, ha sottolineato che il lavoro in Italia oggi è sottopagato. Su questa linea, nella suddivisione dei target per età, ben un ragazzo su 2 tra i 18 e i 24 anni lo ha denunciato, mentre l’interpretazione degli over 65 ha offerto anche una lettura legata alla dignità della persona.
Ben più del 70,0% degli italiani condivide la proposta del salario minimo e sollecitati su una possibile cifra simbolo di 1.400,00 euro mensili, il 75,7% ne condivide la proposta suddivisi tra chi ne apprezza la soluzione in toto (46,4%) e chi la approverebbe solo se supportata con incentivi alle imprese (29,3%).
Rimane comunque forte il dubbio tra interpretazione della cifra lorda o netta, sensibilmente rilevante per il possibile fruitore, e sul quale esiste oggi un reale misunderstanding (malinteso, ndr) tra la gente. Affrontando la discussione del salario minimo si passa direttamente alla questione del “Reddito di cittadinanza” (Rdc) oggi modificato in “Reddito di inclusione”. Questo intervento si è dimostrato una priorità per questo governo, soprattutto per quanto dichiarato in campagna elettorale, anche per un partito come la Lega di Matteo Salvini, che nell’accordo di Governo (2018-2019) con il Movimento 5 Stelle lo aveva sostenuto dando il via all’attuazione.
In questo smarcarsi si riconoscono anche le scelte del Partito Democratico, strenui oppositori della misura allora, mentre oggi si dichiarano molto perplessi sulla nuova via intrapresa dall’esecutivo. Dai suoi esordi su questo provvedimento sempre un italiano su 3 si è dichiarato favorevole riconoscendosi anche nelle indicazioni delle scelte del proprio partito, come dimostra un sondaggio dello scorso marzo dove risultava evidente la chiarezza di visione sulla questione per gli elettori della maggioranza di governo che, con una media del 90,0%, erano consapevoli che il proprio partito fosse contrario alla misura; e per gli elettori dei 5 Stelle che per l’83,4% si dichiaravano coscienti dell’importanza rispetto al sostegno del proprio partito al Reddito di cittadinanza. Sempre su questo argomento più freddi e forse più confusi i sostenitori del Partito Democratico, allora sicuramente in attesa di quelle che sarebbero state le indicazioni del nuovo segretario Elly Schlein.
Coloro che oggi difendono il Rdc, così come è stato concepito, hanno sempre affermato che finché il lavoro offerto ha una paga e delle condizioni pessime è normale che venga rifiutato e quindi la misura risulta assolutamente necessaria. Tuttavia, quasi il 40% degli italiani lo ritiene uno strumento sicuramente utile, ma organizzato in maniera pessima e tra questi si collocano pure il 60% degli elettori del Partito Democratico. Un cittadino su 4 lo ritiene uno schiaffo per chi lavora e produce.
ALESSANDRA GHISLERI



