I nutile dire che fosse un eccellente bassista. Senza stilare classifiche approssimative, Jack Bruce è stato semplicemente tra i bassisti più importanti della storia della musica. Ha ispirato milioni di persone.
I suoi giri di basso resteranno per sempre fonte di ispirazione per chiunque tenti di approcciarsi a quello strumento così ritmico, ma anche così melodico. “Era un grande musicista e compositore, e una fonte di enorme ispirazione per me”, ha scritto il suo ex compagno dei Cream, Eric Clapton, in ricordo di Jack Bruce. Questa frase di Clapton – notoriamente parsimonioso di elogi – racchiude già l’essenza di Jack Bruce: un bassista incredibile, e, al contempo, pilastro creativo spesso nascosto dietro le quinte. Roger Waters, fondatore dei Pink Floyd, lo ha definito “probabilmente il bassista musicalmente più dotato di sempre”.
Tony Iommi dei Black Sabbath, ha detto che “è stato un eroe per molti”. Alcuni tra i bassisti più virtuosi del rock si sono ispirati a lui: Geddy Lee, Sting, Geezer Butler, Flea, Billy Sheehan, Jack Cassidy, solo per citarne alcuni. Per quale motivo?
Perché Jack Bruce ha ridefinito il ruolo del basso elettrico nel rock, trasformandolo da semplice sostegno ritmico a voce solista e melodica. La sua peculiarità più evidente era l’uso del basso come strumento indipendente, con linee fluide, spesso in contrappunto alla voce o alla chitarra. Non si limitava a seguire gli accordi: li ampliava, li complicava, spesso introducendo note di passaggio cromatiche o scelte armoniche audaci che lo avvicinavano più al jazz che al blues-rock canonico. Bruce proveniva da una formazione classica (aveva studiato violoncello) e jazzistica, e questo influenzava sia il suo tocco – molto articolato e dinamico – sia il suo senso dell’armonia. Nei Cream, ad esempio, distorceva con un fuzz pieno e saturo, che gli permetteva di occupare frequenze più alte e di emergere anche in un contesto di power trio, senza mai perdere precisione o musicalità.
Il suo basso non accompagna: improvvisa, reagisce quasi, e spesso guida. Essendo anche un ottimo cantante, riusciva a cantare su linee intricate e sincopate, cosa rarissima tra i bassisti. Ma forse la sua dote più sottovalutata era il senso della forma: anche nei pezzi più liberi, Bruce costruiva sempre un discorso compiuto, con un inizio, uno sviluppo e una fine, quasi come se scrivesse melodie parallele alla voce. In “Politician” (Wheels of Fire, con i Cream, 1968) il basso è al centro del pezzo: non si limita a sostenere l’armonia, ma la spezza e ricompone con continui anticipi, ritardi e variazioni. Ogni strofa presenta piccoli spostamenti ritmici e melodici, che danno l’idea di un discorso in evoluzione, non ripetitivo. Nella sua carriera solista, questa caratteristica viene ancor più approfondita. “Smiles and Grins” (Harmony Row, 1971) si profonde in otto minuti in cui il basso assume un ruolo strutturale, alternando riff, pause e armonizzazioni.


