Jacopo Veneziani – Simmetrie – Milano, Mondadori, 2021, 176 p. (260)

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Leggeremo un libro d’arte in cui l’autore tratta l’argomento in forma originale, approfondendo, nello specifico, le attinenze tra artisti di epoche e stili diversi – forse in qualche caso un po’ azzardatamente a nostro parere – ma con un risultato finale di sicuro interesse e godimento

Con una “stuzzicosa” introduzione chiamata “l’anacronismo delle immagini”, la descrizione parte confrontando, e motivando questo accostamento, il pannello del registro inferiore rosso-affrescato e nero-maculato (senza forme né immagini) della Madonna delle ombre del Beato Angelico con un quadro (Forma libera) di Jackson Pollock!

Apparentemente un assurdo scandaloso: un dripping quattrocentesco?, un agire del Rinascimento che anticipa l’informale-astratto? Ma l’intrusione di un’epoca in un’altra non è sempre un anacronismo riprovevole; qualche volta può essere uno studio, un accostamento originale e più attento all’arte ed agli artisti…

L’arte del passato può fornire, in tanti casi, nelle sue “radici concettuali” (così definisce Veneziani quelle opere così tanto lontane da noi) le motivazioni latenti che poi promuoveranno nel Novecento (o tra epoche o in decenni o centinaia di anni diversi) la genesi di opere nuove; tutto questo lo si capisce se si ha la pazienza di leggere e approfondire i confronti successivi che l’autore propone – osservando l’arte con lo sguardo di oggi – tra 10 coppie di artisti, anche apparentemente molto distanti tra loro, come ad esempio Fontana e Masaccio, Rosso Fiorentino e Matisse, Caillebotte e Hopper…

La bellezza di questo libro consiste non solo in questa originalità di accostamento con annesse spiegazioni ed approfondimenti tecnici e socio-culturali, epocali, che hanno visto nascere quella specifica opera d’arte, ma anche nelle curate descrizioni dei paesaggi, dei ritratti, degli affreschi esaminati spesso ricercando la motivazione personale dell’artista che ha portato a quella creazione, così tanto oggi ammirata… Simmetrie, appunto!

Che sia o no possibile che autori così diversi – e spesso lontani tra loro – abbiano dei tratti, dei passaggi così in comune tutto sommato forse non è molto importante, perché a noi spettatori di oggi basta coglierle quelle vicinanze, apprezzarle e – in fondo in fondo – ammettere che la forza dell’arte, la passione creativa, l’inventiva e la capacità di trasmettere emozioni sono patrimonio di tutta l’Umanità, in cui alcuni hanno ricevuto questo dono e molti sono capaci di apprezzarlo.

Tra tante cose interessanti, personalmente graditissimi, prima poco o per nulla conosciuti, segnaliamo due aspetti o punti che vi suggeriamo di approfondire.

L’analisi del Trionfo della morte (eseguito tra il 1445 ed il 1450) del misterioso e mai conosciuto “maestro” che l’ha eseguita, e lo studio dell’artista Hilma af Klint.

“Il trionfo della morte” (600×642 cm) è un affresco staccato dal cortile di Palazzo Sclafani di Palermo ed oggi conservato nella Galleria regionale di Palazzo Abatellis, sempre a Palermo. Ci ha colpito non solo per la tecnica – seppur in parte deteriorato – ma soprattutto per l’efficacia descrittiva della grande scena ora con gusto macabro e grottesco, ora con personaggi religiosi, poveri, combattenti, donne e giovani… sinteticamente tutta l’umanità, colta difronte all’ultimo momento del suo vivere, che ci ha suscitato profonde riflessioni.

Hilma af Klint (1862-1944) è una straordinaria pittrice svedese capace di anticipare l’astrattismo pittorico, una radicale innovatrice che – pur dipingendo il classico visibile – si allontanò dalla figurazione creando opere astratte, molte a suo dire suggeritegli dai suoi “spiriti di un’altra dimensione”, fino a dipingerne 1200, chiuderle in casse di legno e lasciare l’ordine di aprile solo “quando i tempi sarebbero stati maturi”: saranno scoperte infatti solo negli anni ’60 del Novecento (“almeno 20 anni dopo”, aveva lasciato scritto). Non solo; prima di morire descrisse sommariamente il Guggenheim Museum di New York, l’edificio che poi negli anni 2018 e 2019 le dedicò una personale.

franco cortese

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