Khamenei temporeggia per logorare Israele

0
12

La frase era chiara: «L’attesa fa già parte della punizione di Israele». Raramente un piano di guerra è stato enunciato pubblicamente in modo più breve aderente incisivo. Hassan Nasrallah è una delle menti più lucide, e quindi più pericolose, del vicino Oriente. Eppure le sue parole sono state commentate con geopolitici sghignazzi, anche d’autore: ecco, vedete, il capo di Hezbollah e il suo padrone Khamenei hanno paura, prendono tempo, minacciano a chiacchiere perché sanno che sono impotenti a vendicare lo schiaffo della uccisione a Teheran del capo di Hamas…

E poi con il passare dei giorni un fiorire di annunci, rivelazioni, voci autorevoli per esaminare scrutare pesare alla ricerca dei motivi occulti e dei reconditi scopi che muoverebbero l’Iran e i suoi clienti dell’anello di fuoco attorno a Israele a colpire un giorno piuttosto che un altro. Giorno che finora si allontana differisce sfuma.

Proviamo a credere a ciò che ha detto Nasrallah, ovvero che la strategia sciita consista proprio nella imposizione della attesa, nell’apparizione voluta, imposta dagli iraniani di un tempo depotenziato, fisso in un eterno tormentoso presente, immobile usura. È il superamento del tempo della guerra nella sua duplice profondità del prima e del poi. Israele e i protagonisti delle guerre classiche capitalizzano vittorie e anche disfatte come il sette ottobre. Da questa capitalizzazione, non importa se gloriosa o dolorosa, traggono buon parte della energia necessaria per continuare a battersi. Il tempo tradizionale della guerra presuppone una datazione, una sequenza esplicita: attacco di Hamas, rappresaglia di Israele, raid clamoroso a Teheran, vendetta e poi vendetta della vendetta.

Ma qui niente di simile. Niente ora X. Niente apocalisse di droni. O attentato. Niente contrattacco punitivo sulle centrali atomiche iraniane. Non ci sono battaglie da datare, peripezie, raid, atrocità da denunciare all’Onu. Tra qualche mese sarà perfino difficile dire: È successo il giorno… perché è difficile sgattaiolare da questo tempo morto, da questo tempo temporeggiatore e ubiquo, da questa temporalità astratta che è evidentemente la guerra che gli iraniani vogliono. L’unica che converrebbe loro, l’unica che potrebbero vincere.

Domenico Quirico