LA BCE HA DECISO: LOTTA L’INFLAZIONE ENERGETICA, MA SENZA AUMENTARE IL COSTO DEL DENARO

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Nella foto grande, il Banchiere scrittore Beppe Ghisolfi nel corso di una trasmissione TV dedicata alle decisioni della BCE. La scelta della presidente Christine Lagarde di perseguire la lotta all’inflazione energetica senza aumentare il costo del denaro è una decisione bilanciata che rafforza l’euro e non alimenta lo spread, che fu definito dallo stesso Ghisolfi una vera e propria tassa sui poveri che si abbatte su chi necessita di mutui e prestiti

 

Falchi e colombe, ovvero spostando il paragone sulle scuole dottrinali economiche rigoristi e keynesiani sembrano avere trovato un’intesa all’interno del consiglio direttivo della BCE, la banca centrale europea riunitasi questo giovedì nell’Eurotower della sede centrale di Francoforte.

La presidente Christine Lagarde, succeduta a inizio 2020 a Mario Draghi, ha confermato che la lotta all’inflazione energetica sarà conseguita non attraverso un repentino rialzo dei tassi di interesse, che corrisponderebbe a un aumento del costo del denaro, bensì attraverso una graduale fuoriuscita dal programma massivo di acquisto dei titoli obbligazionari pubblici, BTP nel caso dell’Italia. Si tratta del famoso meccanismo di quantitative easing ideato dall’ex governatore Mario Draghi quando questi era a capo della fortezza della moneta unica europea, prima di assumere dal 2021 la guida del governo a Roma, con l’obiettivo di rilanciare l’euro sui mercati interni e internazionali abbassando i differenziali dei tassi passivi (spread) e assicurando la sostenibilità dei debiti sovrani delle Nazioni più esposte alle manovre di breve periodo sui mercati secondari dei titoli statali. L’impresa ha avuto esito favorevole, tanto che il successore Christine Lagarde, dopo alcune riflessioni iniziali e i giusti richiami del nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a non abbandonare l’Italia flagellata dal covid, dispose la prosecuzione del QE raddoppiando lo stesso con la parallela introduzione di uno specifico Piano anti pandemico con le stesse finalità che mise a disposizione dell’Italia un polmone monetario aggiuntivo di oltre 200 miliardi di euro massimali.

Adesso, tuttavia, l’inflazione energetica – ha spiegato nelle scorse ore Lagarde – pone un’ipoteca terribile sulle economie interne e sul commercio estero di molti Stati, e la politica monetaria ha il dovere di concorrere a recuperare la stabilità dei prezzi, nell’interesse dei consumatori e dei risparmiatori che di fronte a un aumento del livello generale del costo della vita si ritrovano a pagare quella che l’economista statista Luigi Einaudi definiva una “odiosa tassa sulla povertà”. In che modo? Con un graduale, non brusco ma evidentemente progressivo disimpegno per quel che riguarda l’acquisto delle obbligazioni pubbliche.

Lagarde, al fine di non determinare circostanze sfavorevoli al sostegno da garantire all’economia reale di aziende e famiglie, ha quindi scelto la via moderata del rafforzamento della moneta unica senza ritoccare al rialzo il costo del denaro, scenario quest’ultimo che entrerà in gioco soltanto “qualche tempo dopo” la conclusione dell’esperienza del piano di acquisto dei titoli di Stato, e anche in questo secondo caso a prevalere in tutte le deliberazioni di Francoforte saranno i principi di prudenza e di gradualità al fine di evitare le strette creditizie e di alimentare quello spread (ossia il differenziale dei tassi tra i BTP nostrani e quelli tedeschi detti Bund) che il Banchiere internazionale e scrittore Beppe Ghisolfi ebbe più volte a definire, al pari della inflazione di scuola einaudiana, l’altra tassa sui poveri che si abbatte su chi necessita di richiedere mutui e prestiti a tassi accessibili.