La crociata di Donald Trump in Africa

0
6

Non suonano le campane la domenica per la messa nel Nord della Nigeria, califfato africano di implacabili islamisti

Qui non c’è bisogno di fare rumore per spronare fedeli pigri. Qui si nasce prigionieri della propria croce. Ho visto i meravigliosi cristiani di Kano, Jos, Maiduguri. Serenamente tristi come quelli che vivono in tutti i luoghi in cui sono braccati dal fanatismo.

Ho visto le messe militarizzate, le messe da zona di guerra, con i soldati che pattugliano gli accessi ai luoghi di culto con le armi alla mano. Lugubri divise nere, urla e minacce a ogni auto che si avvicina: è l’ossessione della autobomba. In questo immenso Paese dove essere cristiani può essere colpa che costa la vita passa da anni la frontiera della Grande Minaccia.

Eppure ti stupisci nel vedere quanti, nonostante tutto, sono i fedeli che arrivano a frotte, ascoltano le parole del mistero e della promessa: in un luogo dove la storia del paradiso in terra, chiunque sia chi lo annuncia, non sta in piedi.

Solo guerra, corruzione, miseria e odio. I nigeriani, un po’ stupiti, hanno letto che Trump vuole occuparsi dei loro infiniti guai.

Alla sua maniera: manescamente. Le chiese evangeliche, che in Nigeria hanno denaro e potere, e in America sono elettorato, devono averlo convinto che «bisogna agire».

Ma ieri i nigeriani sono già tornati alla loro quotidianità, alle prese con la benzina che manca (in un Paese petrolifero! ), la violenza che dilaga, la giungla-metropoli di Lagos, la corruzione come economia parallela, le elezioni che non servono a niente, la rivoluzione delle promesse dei politicanti, oplà! , ogni volta è rimandata.

A tutto questo opporranno la capacità africana di abituarsi al peggio, di dare per scontato che solo questa è la vita.

Al Nord il jihadismo nichilista, primitivo dei Boko Haram pareva in declino, ridotto a poche migliaia di apostoli convertiti alla delinquenza comune. Sarebbe una buona notizia se al loro posto non fosse cresciuto, impetuoso e letale, il potere del jihadismo stile Isis, che qui si fa chiamare Stato islamico dell’Africa dell’Ovest e conta ormai migliaia di combattenti, guerra santa che vuole amministrare, insediarsi, farsi califfato permanente e che per questo assicura a popolazioni dimenticate o maltrattate dal potere centrale denaro, cibo, kalashnikov, sogni di vendetta. Dal 2009 i morti sono 60 mila e i profughi sei milioni.

Domenico Quirico