La propaganda, l’arma preferita dello zar

0
15

Le dichiarazioni di Oleksiy Arestovych, ex consigliere del presidente Volodymyr Zelensky, hanno suscitato clamore nei media internazionali

In una recente intervista concessa a un giornalista russo, Arestovych ha affermato che, se mai fosse eletto presidente, sarebbe pronto a cedere alla Federazione Russa le regioni di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia, Kherson e la Crimea, pur senza riconoscerne formalmente l’annessione, in cambio della fine della guerra. Ha inoltre proposto garanzie per la minoranza russofona e per la Chiesa ortodossa legata a Mosca, fino a spingersi a immaginare un incontro simbolico con Vladimir Putin per una “preghiera comune” sulle tombe dei caduti.

Parole forti, ma prive di reale peso politico. Arestovych oggi non ricopre alcun incarico istituzionale, vive all’estero ed è noto per dichiarazioni provocatorie. Non è chiaro neppure se si candiderà davvero alle prossime elezioni presidenziali.

Eppure, le sue affermazioni sono state subito riprese e amplificate dai media russi, che le hanno trasformate in un messaggio funzionale alla narrativa del Cremlino: l’idea che perfino tra gli ucraini esistano voci pronte a “rinunciare alla resistenza” e ad accettare le condizioni di Mosca.

È proprio qui che emerge il nodo centrale: la propaganda russa. L’apparato mediatico del Cremlino da anni utilizza selettivamente parole, frasi e interviste di figure pubbliche marginali per diffondere un messaggio di resa inevitabile. Non si tratta solo di comunicazione: è una vera e propria arma strategica, mirata a fiaccare il morale del popolo ucraino, a generare sfiducia tra gli alleati occidentali e a presentare la Russia come l’unico interlocutore “ragionevole”.

La realtà, però, è ben diversa. L’Ucraina ha dimostrato con coraggio di non voler rinunciare alla propria indipendenza né alla propria integrità territoriale. La società civile, le istituzioni e i militari hanno pagato un prezzo altissimo per difendere la libertà del Paese.

Ridurre questo sacrificio a una partita negoziabile di territori significa ignorare il principio fondamentale del diritto internazionale: nessuna nazione può essere costretta a cedere territori conquistati con la forza.

La vicenda delle parole di Arestovych non va dunque letta come un segnale politico, ma come l’ennesimo esempio di come la Russia sappia manipolare il dibattito mediatico per servire i propri obiettivi.

È un richiamo alla prudenza: distinguere tra le opinioni personali e le posizioni ufficiali, e non permettere che la propaganda dello “zar” diventi lo strumento per alterare la percezione della realtà.

L’arma più potente di Mosca, oggi, non è soltanto il fuoco delle armi, ma la distorsione sistematica della verità. Ed è proprio per questo che occorre ribadire con chiarezza: la pace non può nascere dalla cessione forzata, ma dal rispetto della sovranità e della dignità dei popoli.

cav. Giuseppe PRETE Cancelliere Europeo della WOA