“La possibilità che in Rai resti solo Peppa Pig è alta”. Roberto Saviano
Se non avete di meglio da fare (e avete molto tempo libero) provate a cercare in Internet il “Codice etico del gruppo Rai” e munitevi di un alpenstock. Quindi inerpicatevi lungo una vertiginosa parete che, a partire da un massiccio sommario, vi obbligherà a una impegnativa scalata di severissime regole, dettami, precetti, prescrizioni, codicilli che non sfigurerebbero nei mansionari della polizia iraniana preposta alla guerra al vizio e alla promozione della virtù. Un’escursione che ai patiti della materia impone una sosta al paragrafo
“Regali e atti di cortesia” nel quale i mullah del servizio pubblico (trattenendo, immaginiamo, le risate) impongono ai cari sottoposti di non accettare “omaggi e forme di ospitalità, o altre utilità, se non nei limiti del modico valore che non ecceda i 150 euro, mentre ai fini della quantificazione si fa riferimento ai valori di mercato”. E poi: “Nel caso di ricevimento di regali o forme di ospitalità nell’impossibilità di restituirli vige l’obbligo di darne comunicazione al Vertice aziendale. Tale disposizione si applica in quei Paesi dove offrire doni di elevato valore è una consuetudine”. Convinti che nelle anticamere dei Vertici ci sia la fila di dipendenti ansiosi di restituire doni eccedenti i 150 euro, secondo i valori di mercato, ce ne rallegriamo. Come non sottolineare infatti l’avvento di un’edificante visione etica nell’azienda che per decenni non si era accorta di essere stata regolarmente depredata di quadri, sculture e capolavori vari (prescritti tutti i ladri, pure il reo confesso)? Trattasi, del resto, della stessa società che intende pagare profumatamente a un suo illustre ex dipendente la restituzione di un ampio e prezioso materiale televisivo che era stato a lui ceduto ovviamente a titolo gratuito. Ci occupiamo di questo avanspettacolo della morale stazzonata per un paio di motivi. Innanzitutto, la fregola di imporre occhiutissimi controlli (con la possibilità di chiudere uno o entrambi gli occhi) che sembra aver tarantolato le istituzioni preposte alla gestione dei media. Ed ecco a voi la figura nuova di zecca del Garante dell’informazione che il governo ha infilato nella riforma delle agenzie di stampa. Un guardiano ideato per combattere le fake news ma che, come ha osservato Sergio Mattarella, “contrasta con le stesse disposizioni costituzionali nell’immaginare che organismi terzi possono ricevere incarico di certificatori della liceità dei flussi informativi”. Ovviamente tutto questo falansterio regolamentare ha come scopo prevalente, se non esclusivo, quello di impugnare l’etica come un nodoso bastone da calare sulla testa di chi non sta in riga. Ciò che è già accaduto, per ragioni diverse, a Filippo Facci e a Roberto Saviano i cui programmi sono stati cancellati su editto delle sentinelle del Bene: l’ad Roberto Sergio, il dg e antropologo economico (così leggiamo) Giampaolo Rossi, con il cameo straordinario della inconsapevole presidente Marinella Soldi. Insomma, se fossimo in Sigfrido Ranucci e nei colleghi di “Report”, d’ora in poi staremmo bene attenti a non lasciare l’auto in divieto di sosta.
Antonio Padellaro



