La stagione dei referendum

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S’annunzia una stagione di sfide, di duelli. Referendum, ecco l’arma che impugneranno i contendenti. Venerdì 19 luglio il battesimo del referendum sul lavoro promosso dalla Cgil, ma non è  stato affatto l’unica iniziativa. Però intanto il principale sindacato di sinistra spara quattro quesiti abrogativi contro una legge (il Jobs Act) decisa da un governo di sinistra. E deposita un milione di firme in Cassazione, il doppio di quelle necessarie.

Un successo, ma al contempo una contraddizione. Giacché nei referendum le sottoscrizioni volano, i voti s’inabissano. Negli ultimi trent’anni il quorum di validità (la metà più uno del corpo elettorale) è stato raggiunto soltanto nel 2011, sul referendum per l’acqua pubblica e contro il nucleare. Tutti gli altri referendum sono naufragati, anche per gli appelli all’astensione di chi non è d’accordo.

Colpa del quorum, per l’appunto. Che viceversa non è uno sbarramento nel referendum più importante, quello costituzionale. Altra contraddizione.

Colpa altresì delle modalità con cui si consuma questa procedura. Difatti nei referendum puoi firmare online, ma non puoi votare online. E l’esercito dei votanti comprende 5 milioni d’italiani residenti all’estero, che però sui referendum non votano mai. Mentre alle politiche gli elettori votano sempre meno, ormai uno su due.

Sicché nel referendum sull’Autonomia differenziata — altra consultazione che si profila all’orizzonte — le opposizioni dovrebbero ottenere quasi il doppio dei voti guadagnati alle elezioni del 2022, circa 12 milioni di voti aggiuntivi. Valli a trovare.