La più recente vittima illustre in ordine di tempo è il leader di Azione, ex ministro e attuale Parlamentare europeo Carlo Calenda, subissato da critiche di ogni genere sulle sue pagine di Facebook, Instagram e Twitter dopo la firma del patto elettorale con il segretario del PD Enrico Letta
I social media, comunque intesi, sono una potenziale buona leva per espandere la base dei propri lettori, simpatizzanti e visualizzatori, ma una loro ottimale gestione impone che non si sostituiscano del tutto, come invece purtroppo in molti e oramai troppi casi avviene, alla sana informazione cosiddetta tradizionale e al riparo da troll, finti profili di opposizione e franchi tiratori.
Gli sviluppi, sui web social media, della firma dell’accordo programmatico elettorale tra PD, Azione di Carlo Calenda e più Europa di Emma Bonino e Benedetto della Vedova, lo hanno confermato, semmai ve ne fosse stata la necessità.
Se non saranno decisi dei correttivi, nelle scelte di candidati, partiti e schieramenti, la campagna elettorale appena avviata si annuncia densa di veleni, reciproci scambi di accuse, minacce di boicottaggi elettorali da parte di presunti elettori simpatizzanti: il tutto entro il perimetro dei social media che, nati in origine per creare ponti diretti di dialogo, si stanno involvendo nella peggiore causa di distacco e di allontanamento da problemi e questioni reali.
Con la prospettiva che un crescente numero di cittadini, aventi diritto al voto, deciderà alla fine di non andare a votare: non per questo o per quel partito, coalizione o candidato, bensì e più tristemente di non recarsi in assoluto ai seggi e di ingigantire le file dell’astensionismo giunto sopra i livelli di guardia.
Lo stesso fenomeno riguarda e tende a colpire sempre di più il mondo delle imprese e delle istituzioni che decidono di affidare la propria comunicazione ai canali social in un’ottica spiazzante rispetto a quella giornalistica: anche in questo caso con il rischio di incorrere in cattive recensioni o referenze negative da parte di finti account, troll, concorrenti o rivali camuffati da cittadini clienti, e di dovere di conseguenza utilizzare gran parte del proprio tempo e delle proprie energie per rispondere e replicare anziché per dedicarsi all’attività aziendale e istituzionale.
Un fenomeno, questo, che riguarda tanto i gruppi principali, compresi i più blasonati, quanto le imprese medio piccole.
La funzione del giornalismo, economico e politico, erroneamente secondo troppi si è ritenuto che potesse essere surrogata dai social media; esattamente come chi pensava che la TV avrebbe sostituito la radio e il PC avrebbe sostituito il televisore con l’avvento di internet. Invece gli sviluppi in ogni epoca hanno dimostrato che ogni successiva innovazione non cancella la tradizione precedente ma la adegua e aggiorna.
Del resto, se esiste il termine innovazione è perché corsiste una tradizione, in tutti gli ambiti settoriali. Compresa la comunicazione. Dove un click serve a fare conoscere una buona notizia o a entrare nel merito di un progetto, un programma, una candidatura; a differenza dei click di una sempre più folta schiera di franchi tiratori da tastiera che, non paghi di volere affossare il giornalismo della corretta informazione, usano i social non come terreno di dialogo diretto e di confronto trasparente ma al contrario come luogo di agguati, di contro-argomentazioni opache e prive di fonti verificabili e di alimentazione strumentale di gruppi molto presunti di consenso o di dissenso.
Il click che noi ci sforziamo di attivare non è solo quello della buona informazione di merito è di contenuto, ma è anche allo stesso tempo quello di tutelare la notizia stessa da aggressioni di vario genere sempre più sistematiche e frequenti.
Perché per poter dare una buona notizia occorre essere in grado di difenderla. Nel primo e nel secondo caso, con la rapidità e la tempestività… di un click.
Dir. politico Alessandro ZORGNIOTTI




