Il maltempo non allenta la morsa nel centro nord, dopo l’Emilia Romagna a tremare è il Piemonte, dove tra sabato notte e lunedì mattina si sono verificate in successione delle intense precipitazioni culminate in una tempesta di ghiaccio nel Torinese in particolare nella zona rinomata del vino erbaluce di Caluso
Alla quiete del cielo non segue però quella della terra, perché dopo l’acqua l’allerta riguarda il rischio di frane, cedimenti e smottamenti in regioni segnate da molti lutti passati cui non hanno fatto seguito interventi altrettanto simmetrici e proporzionali sul piano degli adeguamenti idraulici e delle infrastrutture di contenimento e di smaltimento e canalizzazione delle esondazioni. Né il Pnrr sembra essere in grado di generare delle definitive risposte in merito, quanto meno per via delle tempistiche in grado di creare incertezza anche sui progetti più meritevoli e ammissibili.
Così, mentre l’Emilia Romagna attende la visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che sarà presente martedì nelle aree alluvionate – pochi giorni dopo la visita di Ursula von der Leyen e di Giorgia Meloni, a continuare a prevalere è la conta dei danni unità all’aspetto qualitativo delle conseguenze del maltempo sulla filiera agroalimentare italiana, sul livello dei prezzi interni di prodotti sempre più scarsi sugli scaffali e sul potenziale di export del made in Italy.
Per tutta una gamma di piccoli frutti, si parla di rincari al dettaglio fino al 15 per cento, mentre il danno per il complessivo distretto ortofrutticolo padano si aggira sui 5 miliardi di euro in termini di mancata generazione di valore aggiunto, con la prospettiva di un blocco produttivo di almeno tre anni se non si accelererà sulla rimozione di detriti e acque malsane passibili di contaminare le falde e le radici.
Senza considerare il capitolo delle risorse finanziarie: da 10.000 a 50.000 per ettaro per piantumare, coltivare e rendere produttivi alberi da frutto, il cui fabbisogno è stimato da 10 a 40 milioni di esemplari da ripristinare per riportare alla redditività colture depotenziate fino al 70 per cento.
L’alluvione ha distrutto la produzione stagionale di mele, pere, susine, kiwi e vigne, mentre sui mercati internazionali il made in Italy sarà falcidiato soprattutto per quanto attiene quello che finora è stato l’alto potenziale di pesche, albicocche e pere, molto popolari e richieste dagli Stati Uniti d’America alla Cina.
Soltanto dal punto di vista dell’occupazione diretta, le aziende agricole emiliano romagnole garantivano all’incirca 65.000 posti di lavoro fino a prima del disastro climatico dei giorni scorsi.
La cassa integrazione guadagni, unificata in un unico strumento assistenziale e di sostegno al reddito finanziato per 580 milioni, potrà offrire ossigeno soltanto per un limitato periodo di alcuni mesi.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




