NEL 2025, CON LA STIMA +4,2% DEL PIL NEL CONTINENTE AFRICANO (SECONDO SOLO ALL’ASIA A LIVELLO GLOBALE, DATI AFDB) E CON+7,7% NELL’INTERSCAMBIO COMMERCIALE ITALIA/AFIECA (DATI SACE) LE AZIENDE ITALIANE SCOMMETTONO SULLO SVILUPPO SOSTENIBILE, E RECIPROCO
In Kenya il progetto Arabika sostenuto dall’AICS Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e realizzato da CEFA in partnership con AVSI e E4Impact, diventa straordinario booster produttivo: oltre 28.000 agricoltori locali hanno potenziato la resa del caffè, spesso raddoppiandola. In Etiopia i progetti di formazione per sistemi innovativi di irrigazione registra +43% nei redditi delle 15 cooperative coinvolte. Per le aziende italiane, un’opportunità epocale di investimento.
Questi e altri dati oggi a Roma, alla LUISS, nel corso del Forum “L’AFRICA CHE FA DA SÉ”, promosso da CEFA con LUISS e CONFINDUSTRIA ASSAFRICA&MEDITERRANEO, introdotto dalle relazioni di Vera Negri Zamagni e Mario Giro.
«Il continente africano – ha spiegato il politologo ed ex Viceministro degli Esteri Mario Giro – si conferma resiliente anche nel contesto di grande incertezza per le economie globali. Funziona la sua macroeconomia, adesso bisogna lavorare sulla microeconomia e quella classe media che potrebbe cambiare il volto dell’Africa. La massa dei giovani africani sente come un diritto umano lo spostarsi: il tema è cosa farà un continente giovane e dinamico nei prossimi 50 anni».
«È ora che il resto del mondo, e l’Europa in particolare, si accorga di questo cambiamento, per non lasciare campo libero ad altri attori internazionali più attenti: con l’Africa nel G20 è possibile progettare il futuro del continente, contando su più vasti mercati e sulla costruzione di infrastrutture condivise», ha sottolineato la storica e analista Vera Negri Zamagni.
ROMA – L’Africa come opportunità di investimento: un’occasione che si profila chiaramente all’alba del terzo millennio. L’Africa che solo pochi mesi fa esordiva a Rio come membro permanente del G20, stima per il 2025 un PIL in crescita del 4,2%, seconda solo all’Asia, sul pianeta (dati AfDB, Banca Africana di Sviluppo), nel 2024 era cresciuto del 3,6%. E sempre per il 2025, l’interscambio commerciale fra Italia e Africa prevede +7,7% nel Nord Africa e + 8,5% nell’Africa Subsahariana (dati SACE).
Con tutta evidenza, l’Africa di oggi non è più solo un continente in cerca di aiuti, ma un mercato emergente con enormi prospettive e opportunità economiche e una crescente influenza globale: questo lo scenario disegnato nel Forum “L’Africa che fa da sé”, organizzato nella mattinata di oggi – venerdì 21 marzo – nella sede LUISS di Piazza Montecitorio a Roma, per iniziativa di CEFA ETS con Luiss School of Government e Confindustria Assafrica & Mediterraneo.
Due relazioni introduttive, del politologo ed ex Viceministro degli Affari Esteri Mario Giro e della storica e analista Vera Negri Zamagni, hanno tracciato le rotte delle nuove navigazioni fra Italia/Europa ed Africa: «il continente africano – ha spiegato Mario Giro – si conferma resiliente anche nel contesto di grande incertezza per le economie globali.
L’Africa è resistente alle crisi importate da fuori, come gli anni del covid hanno dimostrato, anche se la sua economia è quasi completamente informale e legata alle reti commerciali semi illegali, come nel caso delle esportazioni delle materie prime, dal coltan al legno. La sua macroeconomia funziona, è tempo adesso di lavorare sulla microeconomia africana e quella classe media che potrebbe cambiare il volto dell’Africa.
Vigilando sui conflitti all’orizzonte, come l’imminente guerra che si profila nel Corno d’Africa fra l’Etiopia di Abiy Ahmed e l’Eritrea: un conflitto potenzialmente molto pericoloso per la regione orientale del continente, dalle ripercussioni internazionali.
Intanto la massa dei giovani africani sente come un diritto umano lo spostarsi: questo il tema, cosa farà un continente giovane e dinamico nei prossimi 50 anni».
Vera Negri Zamagni ha poi sottolineato che «è ora che il resto del mondo, e l’Europa in particolare, si accorgano di come l’Africa sta cambiando, per non lasciare campo libero ad altri attori internazionali più attenti: molte economie africane hanno tassi di crescita di tutto rispetto, come documentato dall’African Development Bank. Con l’Africa nel G20 è possibile progettare il futuro del continente, contando su più vasti mercati e sulla costruzione di infrastrutture condivise».
E le realtà produttive italiane scommettono infatti sullo sviluppo sostenibile, e reciproco, in partnership con l’Africa. Alcuni esempi sono stati citati dal presidente CEFA ETS Francesco Tosi: «in Kenya il progetto Arabika sostenuto dall”AICS, Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e realizzato da CEFA in partnership con AVSI e E4Impact, si è rivelato uno straordinario booster produttivo: oltre 28.000 agricoltori locali hanno potenziato la resa del caffè, spesso raddoppiandola.
E in Etiopia i progetti di formazione per sistemi innovativi di irrigazione registra +43% nei redditi delle 15 cooperative coinvolte. Nei prossimi giorni, inoltre, partirà lil nuovo progetto che stiamo avviando con Andriani SPA: insieme al CSR Manager Raffaele Raso saremo nel centro-sud Etiopia, per individuare le aree di riferimento per il potenziamento della produzione di TEFF, attraverso una rete di cooperative locali.
Le sinergie fra Ong e imprese in Africa diventano così azioni congiunte concrete e durature in ambito agricolo e alimentare: intraprendere strade nuove nel cammino dell’Africa verso un suo appropriato sviluppo è l’obiettivo che da tempo coltiviamo».
D’altra parte anche i dati del recentissimo studio del New York Times confermano che entro il 2050, su quattro abitanti del pianeta, uno sarà africano: e una popolazione di 2,4 miliardi di persone (quanto Cina e India messe insieme oggi) è destinata a produrre un’enorme domanda di beni alimentari, di servizi e di alloggi.
Soltanto il settore abitativo creerà opportunità d’investimento pari a 1400 miliardi di dollari, le infrastrutture di base, trasporti, energia e acqua, già oggi richiedono investimenti di almeno 170 miliardi l’anno.
«La conoscenza e lo studio sono necessari per interagire con i processi socio-economici dell’Africa – ha osservato nelle sue conclusioni Letizia Pizzi, Direttore Generale di Confindustria Assafrica & Mediterraneo, che da oltre 40 anni rappresenta e supporta il settore privato italiano in Africa e Medio Oriente – Cambiare lo storytelling sull’Africa significa accrescere la consapevolezza, fra le aziende italiane, che l’Africa e il Mediterraneo allargato sono oggi partner strategici con cui condividere competenze, innovazione e visioni a lungo termine. Con l’adozione del Piano Mattei, sono sempre di più le PMI che chiedono di essere affiancate in questi mercati complessi».
Hanno introdotto il convegno di oggi i saluti istituzionali del Direttore Luiss Mediterranean Platform Luigi Narbone e del Presidente CEFA Francesco Tosi.
Dopo le relazioni introduttive, la Tavola rotonda moderata da Virginie Collombier, Professor of practice e Coordinatrice scientifica Luiss Mediterranean Platform, con la partecipazione dei rappresentanti di aziende italiane già “Africa-oriented” come Andriani SPA, rappresentata dal CSR Manager Raffaele Raso, che ha spiegato: «quando si tratta di intervenire in Africa, contano i valori: per i nostri progetti sul continente africano abbiamo voluto sostituire la parola profitto con “prosperità”, ovvero profitto condiviso».
Sono intervenuti anche Metalmont, con il CEO Iacopo Meghini, e Itare rappresentata da Giorgio Traietti, Responsabile dello sviluppo commerciale.



