E venne il giorno: più di 60 Paesi coinvolti, si parte dal 10% e si arriva fino al 50% imposto al Brasile. Altri ancora sono in trattativa per sventare o ammorbidire i prossimi
Alle 6 del mattino italiane, la mezzanotte di Washington, sono infine entrati in vigore i nuovi dazi che Trump ha imposto (per certi versi “accordato”) all’Unione Europea ed un’altra sessantina di Paesi in giro per il mondo.
Si parte, come ormai noto, da una base del 10% per i paesi con cui gli Stati Uniti hanno un surplus commerciale, e si arriva fino al 50% imposto al Brasile (come ritorsione politica per i processi cui è sottoposto l’ex Presidente Bolsonaro, stretto alleato di Trump). I prodotti provenienti dall’Europa sono tassati al 15%, così come quelli da Giappone e Corea del Sud.
Ma l’Ue è l’unico partner commerciale la cui aliquota di base include i dazi doganali precedenti. Ciò significa, ad esempio, che i formaggi, normalmente soggetti a dazi all’importazione del 14,9%, saranno tassati al 15% e non al 29,9%.
Tra i Paesi più colpiti anche la Svizzera (39%), Laos e Myanmar (40%), Siria (41%). Non è finita, perché poi ci sono i dazi solo annunciati o minacciati, come quelli ulteriori del 25% che dovrebbero scattare il 27 agosto nei confronti dell’India, o quelli del 100% sui microchip. Per non parlare di quelli sui prodotti farmaceutici, che Trump è arrivato ad annunciare fino al 250%.
Se alcuni Paesi sono riusciti a negoziare trattamenti ammorbiditi tramite negoziati o accordi – ad esempio Regno Unito, Thailandia, Cambogia, Vietnam, Indonesia, Filippine e Pakistan – molti altri sono già colpiti da precedenti misure, come il Canada, che “paga” un’aliquota totale del 35%, o il Messico che invece per ora ha portato a casa una proroga di 90 giorni. La Cina al momento è tassata al 30%, ma i negoziati proseguono in vista del prossimo scatto, il 12 agosto.
fonte: Agenzia DIRE www.dire.it


