L’atlantista

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Tutti voi beceri egoisti state lì a lagnarvi per le bollette, i carburanti ed i carrelli della spesa sempre più vuoti, come se da questo dipendesse il destino dell’universo, mentre non immaginate nemmeno cosa possa provare chi in queste ore drammatiche sente il peso del globo terracqueo sulle proprie spalle.

Il ministro Di Maio vive con apprensione le dimissioni di Boris Johnson, un atto sconsiderato che potrebbe destabilizzare la NATO e l’alleanza atlantica intera. Lui, lo statista di Pomigliano, che pur di salvaguardare la stabilità occidentale ha sacrificato la propria reputazione per rendere ininfluente all’interno del governo la forza di maggioranza (già parecchio disinnescata di suo) in nome dell’atlantismo.

Sì, l’atlantismo, questa sorta di religione del nuovo millennio cui tutti si affrettano a dichiarare la propria cieca dedizione, una fede nei sermoni oltreoceano in grado di conferire ricompense più terrene che spirituali, nell’eterna lotta al cane russo ed a tutti i cinofili infiltrati che osano sollevare qualche dubbio. Siano essi maledetti!

Come se non bastasse, l’inventore del congiuntivo è stato costretto ad abbandonare i social a causa di reiterati insulti da parte di eretici ingrati; proprio lui che ha basato il partito appena formato sul dogma “basta odio”, novello martire.

Ed a nulla sono valse le immagini con tanto di mano sul cuore sotto il vessillo a stelle e strisce, nessuno si è commosso dinnanzi a cotanta abnegazione, tacciandola persino di servilismo. Ma la fede non si può esprimere con le parole, soprattutto per lui che spesso in passato c’è incespicato creando siparietti tanto esilaranti quanto imbarazzanti, è una sorta di attrazione verso qualcosa che magari non si vede ma si sente, perché dona serenità o perché ci si è seduti sopra, e difficilmente chi non la prova potrebbe comprenderne il beneficio o la comodità.

No, nessuno può immaginare il dolore che le vicissitudini britanniche stiano causando nell’animo di chi si è convertito dalle simpatie giletgiallesche al macronismo talebano, roba da fare invidia allo stesso San Paolo, i cui collegamenti in passato si limitavano ai trascorsi da dispensatore di bevande; nessuno comprende il fardello che Giggino condivide col divino mentore sputafuoco, nella solitudine causata da un popolo che l’amava e gli ha voltato le spalle oltre all’egoismo dei conservatori inglesi più interessati alla dignità personale che alla sicurezza globale.

Per fortuna esiste gente come Erdogan, vero emblema di democrazia e giustizia, protagonista e fidato alleato in cambio di un piccolissimo obolo in sangue curdo.

Un giorno la storia riconoscerà i meriti del patriota atlantista Luigi, dedicandogli il giusto risalto.

O magari sarà clemente con lui, dimenticandolo…

Bartolomeo Prinzivalli