Negli ultimi dieci anni in Italia sono diminuiti sia gli omicidi (anche se nel 2024 c’è stata una inversione di tendenza), sia i furti (soprattutto in casa) e le rapine
In parallelo è fortemente diminuita la percentuale di famiglie che considera poco sicuro il quartiere in cui vive (il 26,6% nel 2024 rispetto al 41% del 2015), anche se in aumento di tre punti percentuali rispetto al 2023.
La percentuale di persone con almeno il diploma di scuola secondaria superiore continua a crescere, toccando nel 2024, il 66,7% delle persone di 25-64 anni. È cresciuta anche la percentuale di laureati, arrivando al 31,6% di coloro che hanno 25-34 anni, un aumento trascinato soprattutto dalle donne e che comunque colma solo in parte il gap con la media europea.
È rimasta, inoltre invariata dal 2021 la percentuale di ragazzi/e del terzo anno della scuola secondaria di primo grado che non raggiunge competenze sufficienti in italiano (41,4%) e in matematica (44,3%), mostrando la difficoltà del sistema scolastico italiano a recuperare l’impatto negativo della pandemia su una situazione già problematica che evidenzia l’esistenza di una povertà educativa diffusa, con effetti prevedibili sulle chances di vita di questi ragazzi/e.
Va segnalato che se le difficoltà maggiori si riscontrano tra i ragazzi/e nati all’estero o da genitori stranieri, vi è anche un buon 30% di ragazzi/e italiani che presentano le stesse difficoltà.
Sono aumentate le persone complessivamente soddisfatte della propria vita: 46,3% rispetto al 35,4% del 2014, anche se rimangono forti differenze a seconda del livello di istruzione: sono le persone con livelli di istruzione più alte a manifestare maggiormente soddisfazione e ad essere più ottimiste per il proprio futuro.
Un ottimismo certo non basato sulla capacità della politica di creare condizioni di contesto favorevoli.
Nel 2024 la fiducia verso il Parlamento italiano, i partiti politici e il sistema giudiziario, infatti, continua a essere molto bassa, in particolare verso i partiti politici (3,5 su una scala da 0 a 10), con appena due persone di 14 anni e più su 10 che attribuiscono un voto almeno sufficiente; quella verso il Parlamento italiano e il sistema giudiziario è solo leggermente superiore (4,7 e 4,9 rispettivamente).
Sono alcuni dei dati che emergono dal Rapporto annuale sul Benessere equo e sostenibile (Bes), che, sulla base di 152 indicatori, offre una lettura approfondita dei livelli, delle tendenze e delle disuguaglianze – nella popolazione e tra i territori – di benessere che si possono osservare nei 12 domini individuati come rilevanti: Salute; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione dei tempi di vita; Benessere economico; Relazioni sociali; Politica e istituzioni; Sicurezza; Benessere soggettivo; Paesaggio e patrimonio culturale; Ambiente; Innovazione, ricerca e creatività; Qualità dei servizi.
Se complessivamente nell’arco di dieci anni sono più gli indicatori che sono migliorati di quelli che sono peggiorati (mentre un terzo non mostra tendenze univoche), alcuni di quelli che sono peggiorati o non migliorati sono particolarmente problematici.
Tra questi, oltre alla bassissima fiducia nei politici e nel Parlamento, peraltro confermata dalla disaffezione per le elezioni, e alla scarsa capacità della scuola, da sola, a contrastare le difficoltà di apprendimento, c’è anche ciò che succede nel mercato del lavoro e il rischio di povertà. È vero che l’occupazione continua ad aumentare e che quella a termine diminuisce.
Ma la situazione di chi si trova con un contratto a termine tende a cronicizzarsi: la quota di chi svolge un lavoro a termine da almeno cinque anni con lo stesso datore, sul totale dei lavoratori a termine, sale da 18,1% nel 2023 a 19,4% nel 2024. L’aumento è più accentuato nel Mezzogiorno dove il fenomeno è più diffuso (25,7%).
Inoltre, tra il 2023 e il 2024 è diminuita la quota di lavoratori a termine transitati verso un lavoro a tempo indeterminato, una transizione, per altro, più frequente nel Nord e nel Centro che nel Mezzogiorno. È alta anche la percentuale di chi non riesce ad avere una occupazione adeguata alla propria qualifica, con un grande spreco di capitale umano. Il 20,7% degli occupati tra i 25 e i 64 anni con titolo di studio terziario svolge una professione poco o mediamente qualificata. I valori sono più elevati tra gli stranieri (54,8%, 18,9% per gli italiani) e tra le donne (24,0%, 16,5% per gli uomini).
CHIARA SARACENO



