Nelle imputazioni dei pm, infatti, si parla di “gruppi imprenditoriali” che “gestiscono in regime di sostanziale monopolio l’aggiudicazione delle commesse per i lavori di armamento e manutenzione della rete ferroviaria italiana direttamente da R.F.I. spa, a mezzo delle loro società (appaltanti) C.C.F. Costruzioni Generali spa, Gefer srl, Armaferspa, Globalfer spa, Salcef spa, Francesco Ventura Costruzioni Ferroviarie spa, Fersalento srl, Euroferroviaria spa”.
Al centro dell’inchiesta della Gdf, in particolare, i gruppi Rossi e Ventura. Gli inquirenti, nell’imputazione per associazione per delinquere con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, citano anche un’intercettazione: “Ventura ha tutta la Calabria, Morelli ha tutta la Campania ed Esposito ha tutta la Sicilia, Rossi ha tutto il Nord Italia”. Quindi una spartizione dell’Italia in tre aree geografiche: nord, centro e sud, gestite da società che agivano in regime di sostanziale monopolio.
Sono stati sequestrati anche oltre 6,5 milioni di euro per reati tributari dalla Gdf di Milano e Varese, coordinata dal pm Bruna Albertini della Dda milanese, per l’inchiesta che ha portato a 15 arresti (11 in carcere e 4 ai domiciliari). Numerose imprese intestate a prestanome e riconducibili alla cosca della ‘ndrangheta dei Nicoscia-Arena di Isola di Capo Rizzuto (Crotone) avrebbero ottenuto in subappalto lavori che Rete Ferroviaria Italiana spa appaltava a colossi del settore. I rapporti tra le società che si aggiudicavano gli appalti e quelle riferibili alle cosche, che prendevano i subappalti, venivano schermati, secondo l’accusa, attraverso contratti di fornitura di manodopera specializzata, il cosiddetto “distacco di personale” previsto dalla Legge Biagi. E ciò per eludere la normativa antimafia e le limitazioni in materia di subappalto previste per le imprese aggiudicatarie di commesse pubbliche



