LE REGIONI HANNO AGITO CON FORTE RITARDO NELLA RISPOSTA ALLA COVID: LO DICE LA CORTE DEI CONTI

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Non ci dovrebbe essere bisogno della relazione della Corte dei Conti per rendersi conto che le regioni hanno agito con forte ritardo nella messa in campo di misure per fronteggiare l’epidemia. Tutti o quasi i Presidenti di regione a dare la colpa al Governo mentre ci si dovrebbe ricordare che che la competenza in materia di sanità spetta alle regioni. Il Governo è dovuto intervenire per fronteggiare l’emergenza generata dall’assoluta impreparazione delle regioni. E ricordo che l’autonomia regionale è stata voluta da tutti i gruppi politici meno che il Movimento 5 Stelle che ha sempre richiamato alla necessità di garantire i Livelli Essenziali di Assistenza attraverso il paese (LEA). Questo dibattito è stato uno dei motivi della crisi di governo con la Lega che ancora oggi chiede l’autonomia quasi assoluta delle regioni. Il nord ha ovviamente tutto da guadagnare ma non mi spiego perché la gente del sud non si renda conto del rischio che si corre con la destra a trazione leghista a capo di un futuro governo.

La senatrice Mariolina Castellone del M5S scrive al riguardo:

Nell’ultima relazione della Corte dei Conti è emerso un bilancio piuttosto critico nei confronti delle Regioni per i ritardi sul potenziamento del sistema sanitario locale.

Nonostante, infatti, le risorse messe in campo siano state straordinarie, l’attuazione delle misure sul territorio e’ stata parziale, se non, in certi casi, pressoché assente.
A fine ottobre solo 13 regioni avevano presentato un piano per la revisione dell’assistenza territoriale e solo 12 quelle che avevano presentato i piani per ridurre le Liste d’attesa; sul prossimo esercizio dunque graveranno anche i costi del forte rallentamento dell’attività ordinaria, ospedaliera, specialistica e ambulatoriale registrata nel 2020.
Ma la nota più dolente è quella sulle Usca, le unità per l’assistenza domiciliare dei malati Covid, la cui attivazione è stata lentissima e frammentaria: ne sono state realizzate a livello nazionale meno del 50% del previsto
Si aggiungano poi i ritardi nell’introduzione dell’infermiere di famiglia, ancora in attesa del via libera all’intesa da parte della Conferenza delle Regioni.
E se è vero che ci sono state molte assunzioni( 36.300 i nuovi addetti attivati in relazione all’emergenza sanitaria, 7.650 medici, 16.500 infermieri e 12.115 operatori sanitari) tuttavia resta il nervo scoperto della disponibilità di operatori con specifiche specializzazioni, come, per esempio, anestesisti e rianimatori.

Mauro Coltorti